domenica 23 marzo 2014

Destinazioni..di ieri e di oggi.

C'è un condominio, in un quartere di Bologna che sorse quando il regime fascista decise di costruire una intera conurbazione di case per gli operai: allora c'erano, non erano disoccupati. Su qualche muro perimetrale, la originale destinazione è ancora leggibile. Il teatro Testoni, dedicato alle rappresentazioni per i ragazzi ed i bambini, era allora la sede della Decima legio; anche di quella triste e stinta destinazione, si sono potute leggere le ombre ancora impresse sul muro, sopra il portone d'ingresso. Era una sorta di commissariato della milizia del regime, incaricato di sorvegliare e di reprimere quel quartiere operaio, nel quale alla beneficenza politica, un surrogato del clientelismo moderno, non era corrisposta, almeno non sempre, la riconoscenza di quel popol pravo, come avrebbe detto Bonifacio VIII. Così, coloro che avevano fama di oppositori, vi venivano periodicamente convocati per essere avviliti, attraverso la somministrazione dell'olio di ricino, in quantità sufficiente da non consentirgli di arrivare in tempo a casa. Oggi è un quartiere di carattere prevalentemente popolare, ma ben integrato, servito. Al suo interno hanno trovato dimora molti immigrati extracomunitari e sono sorti alcuni negozi etnici. All'interno di questo quartiere c'è un bel palazzo - visto dall'esterno - di cui è proprietario un singolo soggetto, che ha scelto di affittarlo a persone a basso reddito, ma in transito, degenerandone la funzione abitativa ad ostello temporaneo. Così facendo non si lega a lunghe e difficoltose precedure di sfratto e mantiene stabili i suoi introiti, senza preoccuparsi di nient'altro che di quanto precede. Sta di fatto che il brutto condominio - al suo interno - si è segnalato nell'arco di meno di dieci anni per due episodi, più adatti ad un accampamento - se non vi vigessero, molto spesso, costumi e regole severe - che ad un complesso, di un certo pregio, destinato a civile abitazione. L'ostello del primo che passa ha già conosciuto l'efferato delitto della piccola Sara Jay, uccisa dal giovane convivente della sorella, con la quale avevo già avuto un figlio o una figlia. In quella storia, al degrado culturale e morale di quella povera famiglia si era aggiunta la folle infatuazione di un giovane serbo, che viveva in "comunità" con tutta la famiglia. Pochi giorni or sono, un rumeno, regolarmente impiegato in una società di costruzioni edilizie, ha portato in cantina una povera disabile neurologica e l'ha violentata, insieme a due connazionali che aveva invitato al festino. Costei, però, ha avuto coraggio e ha denunciato gli aggressori, due dei quali sono già stati arrestati, mentre il terzo è stato identificato. Se i gesti di questo tipo che vengono alla luce, sono sempre opera di figure minori - in tutti i sensi - della società, non va taciuto l'aspetto grettamente speculativo che ha assunto l'affittanza in città, negli ultimi decenni. Dagli studenti in nero - fenomeno verso il quale si sta correndo tardivamente ai ripari - alle pigioni nascoste di stranieri che lavorano, in regola, ma anche in nero ed occasionalmente, per salari da fame e in condizioni di personale degrado. Da tempo, gli appartamenti ed i locali sfitti vengono impiegati per attività prostitutive, per stivarvi clandestini in attesa di sistemazione presso aziende del circondario e, nel condominio in questione, per riciclare rapidamente, pigioni e locali, alla stegua di un albergo da quattro soldi. Il propietario e amministratore di tutto questo, non si è mai peritato di introdurre un regolamento minimo di convivenza e si è ben guardato dal selezionare l'utenza. Quanto si è ripetuto, si fonda anche su questo. Il rapido ripiegamento del costume civile e civilmente gaudente di Bologna è sotto l'attacco concentrico dei flussi migratori indiscriminati, delle mafie che gestiscono la prostituzione e che trovano, per forza di cose, la complicità interessata della criminalità locale o di quella che vi si è radicata. L'assenza di una vita associativa e culturale e la precarietà esistenziale che le norme neo-contrattualistiche e la crisi produttiva inducono, la sta trasformando in una delle tante violente conurbazioni, verso le quali si era distinta in positivo negli anni. La causa di tutto questo non può essere attribuita solamente alla inciviltà e alla bestialità di persone ai margini, ma anche, sinergicamente, all'affinamento dell'egoismo speculativo di chi interagisce, con tanta sottigliezza, verso queste situazioni di disagio a trecentosessanta gradi ed alimenta quell'emarginazione morale che, con sistematica costanza, è alla base di così triste decadenza. Dai quartieri popolari, si sta passando agli slums ed a questo contribuiscono il vagabondaggio, lavorativo e non, di tante persone, l'illusorio richiamo pubblicitario verso una condizione che sarà subito loro negata, la speculazione circa l'insussistenza di norme contrattuali responsabilizzanti per chi utilizza forza lavoro, la disponibilità ad ogni compromeso, per sopravvivere, di quasi tutti i migranti, la grifagna caparbietà di chi vuole mantenere e incrementare il suo status apparente e far fruttare i suoi beni, al di fuori di ogni contesto responsabile. Leggo che il Comune si propone di intervenire ( con quali mezzi, in base a quali leggi? )in questo triste ginepraio, prima che diventi inestricabile. Sarà una buona cosa se i regolamnti civici, lungi dal negare, vietare e reprimere, sapranno filtrare e ricondurre nell'alveo della tradizionale accoglienza ( fin troppo equivocata e abusata ) della città tutte le fenomenologie che il mutamento del modello sociale comporta. Ma la sottile ipocrisia di tutti quelli che vi concorrono, istituzionalmente e nelle formazioni sociali private, nell'uso dei propri beni e nell'atteggiamento, censorio da un lato e speculativo dall'altro, difficilmente saranno rimossi, perchè, a differenza delle consimili condizioni indigene del dopo guerra, manca il substrato giuridico ed economico sul quale riavviare una sempre insufficiente, ma utilissima opera di inclusione che si faccia garante della coesione comune.

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