domenica 9 marzo 2014

Con chi prendersela?

Non passa giorno senza che la cronaca - enfatizzata come mai prima dalle trasmissioni televisive nazional-popolari - ci ricordi che in ogni specula geografica si consumano biblici sacrifici al demone della miseria, materiale e morale, e della disperazione. Quest'ultima ha una nascosta natura economica. Dopo i suicidi a grappolo degli ultimi due anni, la violenza è tornata a incanalarsi verso i capri espiatori; l'assenza di gratificazioni e un regime di vita di stenti crescenti, la indirizzano verso immaginari artefici o aggravatori della medesima: i coniugi, i figli, i vicini. Sono e resteranno fatti loro: ogni forma di intervento che non sia caritatevole e impicciona è preclusa. Infatti, di questi fenomeni, si enfatizzano solo gli aspetti più truculenti e le pseudo analisi rimuovono inefficacemente le cause sottostanti, per non addentrarsi nei dettagli di spiegazioni chiare, evidenti, ma inopportune. Le cronache del macello sono anche cronache dell'immigrazione, di mancanza di conoscenza e tutela sanitaria, di situazioni prospetticamente cautelative ( i figli ), diventate insostenibili, di separazioni e di abbandoni. Il cosiddetto femminicidio, che corrisponde ad un terzo degli omicidi, come in tutto il resto del mondo, è commentato secondo la comoda ambizione delle quote rosa in ogni ambito, retaggio di apparati femminili conformistici, nei quali la qualità e l'eccellenza sono prontamente relegate in secondo piano e che non colgono, né se lo propongono, le dinamiche mediocremente umane degli eventi, che non si sarebbero sinergizzate se non fossero state abbandonate al loro destino. La violenza dei mariti, immiseriti anche della compagnia di una moglie, è una protesta definitiva per un abbandono domestico o extradomestico nel quale le percosse e le contumelie sono uno sfogo che non trova soluzione e l'omicidio l'atto di irrecuperabilità di una situazione, disperando di poterne costituire un'altra con un'altra partner, mentre l'alleanza omicida madre-figlia scarica sulla figura maritale e paterna tutte le frustrazioni di una vita priva di soddisfazioni e di prospettive. Anche le ristrutturazioni societarie, incessanti da vent'anni a questa parte, quale influenza hanno avuto ed hanno all'interno delle quattro mura domestiche? L'improvvisa disoccupazione, l'abbandono di qualsiasi prospettiva, anche di pura sopravvivenza, la pretesa di abbarbicarsi all'esistente, aumentando ancor di più il peso di una convivenza da tempo senza scopo e la rivendicazione, sterile ma offensiva, di una fiducia e di aspettative mal riposte, quanta parte hanno nello scatenarsi di tanta violenza verbale e fisica? Senza una condizione di confortevolezza, anche i sentimenti diventano quelli che la cronaca propone e i lamenti, i sospiri, gli auspici sono ipocriti. Dando per scontato che è sempre stato così e che un'intensificazione si fondi su orizzontali peggioramenti delle condizioni di vita, bisogna riconoscere che la mancanza di reciproca sopportazione è frutto della convivenza indotta e necessitata dall'impossibilità economica di far da sé, di ricostituirsi all'occorrenza una nuova vita, dall'impossibilità di sciogliere legami di sostentamento ( talvolta comportanti solo un minor lusso ): insomma da una società e da un'economia in rapido ripiegamento, nella quale i vecchi valori sono stati soppiantati da altri che si sono rivelati deludenti ed illusori. Con chi prendersela?

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