domenica 17 luglio 2016

Il fondamento dei fatti.

Esiste una verità sotterranea in ogni evento, così come esiste il subconscio nell'animo umano, un computer di registrazioni e di elaborazioni, che sono all'origine di tanti fatti della vita superficiale. Questo criterio, così specificamente umano e, forse, non solo, se è vero che esistono anche gli psicologi dei cani e dei gatti, gli animali da più tempo adattati all'uomo, è riscontrabile in ogni parvenza del mondo ufficiale, sia che si tratti di una recita privata, sia che si tratti delle ragioni autentiche di decisioni politiche, interne o sovranazionali. Solo il diritto pretende di semplificare e di giudiare solo i fatti, fornendo una sponda "oggettiva" ai rapporti di forza, anche quando sembra rovesciarli formalmente, come è avvenuto in Italia all'epoca di "mani pulite" e come stava per avvenire in Turchia, dove a tutt'ora, 2.750 magistrati sono stati arrestati e sono passibili, come i militari usciti sconfitti dal golpe, della pena di morte. Si è tenuta nei giorni scorsi presso la commissione parlamentare che continua ad indagare sul "caso Moro", l'audizione di un vecchio politico, che allora era giovane e attivo nella corrente lombardiana del Partito socialista: Claudio Signorile. L'ex deputato e ministro ha testimoniato di essere stato in contatto con esponenti delle Brigate rosse, tanto da incontrarle ripetutamente, di averne informato il vicecomandante dei carabinieri e di essere stato, in quel periodo, pedinato senza interruzione. "Sarebbe bastato seguire i miei interlocutori e sarebbero arrivati alla prigione di Aldo Moro". ma non lo fecero. Prima del ritrovamento del corpo, in via Caetani, fra la sede D.C. di piazza del Gesù e quella del P.C,I, in via delle Botteghe oscure, Signorile fu invitato dal ministro dell'Interno Cossiga a "bere un caffé al Viminale". Ci andò e fu preavvertito che Moro era stato ucciso e di dove si trovava il corpo, un'ora prima del rinvenimento. In fine d'udienza, il vecchio testimone ha fornito la sua versione dei fatti: la morte di Moro era "opportuna per più d'un servizio d'intelligence, arrivando addirittura a postulare che Il presidente della D.C., che stava per dar luogo al "compromesso storico", poco prima che la Prima repubblica franasse dalle fondamenta per la sua corruzione ( o col pretesto della corruzione, dopo la fine della guerra fredda? ). Insomma, Cossiga sapeva già, almeno da un'ora, che Moro era stato ucciso e anche dove era stato lasciato. Il giorno del rapimento, erano state revocate, con ordine di servizio ufficiale, talune misure di sicurezza e il giorno del ritrovamento, dopo la telefonata ad un assitente universitario del professor Moro ( anch'essa une messa in scena ? ), compare, fra i curiosi non allontanati, un n'dranghetista, seduto su un muretto prospiciente un bar con le saracinesche abbassate, ma che saranno tardivamente rialzate, ritrovo usuale della malavita. Potrebbe essersi trattato degli "spazzini", utilizzati in circostanze analoghe, dai servizi segreti. Se parte di questa ricostruzione, soprattutto quella relativa alle figure volutamente non identificate in precedenza, sa molto di ricostruzione ipotetica, la teestimonianza diretta, già due volte coerentemente fornita nel recente passato e sempre "passata agli atti", mi sembra più puntuale: proprio per questa sistematicamente accantonata. Signorile ha in chiusua raffermato: "secondo me, Moro era nelle amni, ma non nel potere delle Brigate rosse". I fatti e ciò che li determina, la miseria della politica e della diplomazia, talvolta assassina, come qualsiasi altra organizzazione criminale e le repliche minori, nella vita comune di ogni giorno, hanno un' apparenza evidente e una spiegazione recondita. Come il golpe turco, commentato convenzionalemnte solo dopo molte ore, a risultato, primo risultato, accertato.

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