martedì 14 gennaio 2014

L'enfasi dell'ovvio.

Il Papa battezza i figli della colpa, ossia delle coppie non sposate o sposate solo civilmente, che fa lo stesso! Così titolava l'altro ieri ( non proprio così, come avrebbe titolato in altri tempi ) tutta la stampa italiana in prima pagina. C'è da farsi cadere le braccia per la banalità enfatica di un'informazione incapace di analisi e, come d'abitudine, incline a suggerire una lettura fasulla e "meravigliosa" dei gesti e delle intenzioni. Quando mai la Chiesa ha negato il battesimo ai figli dei non sposati canonicamente? Quando ha rifiutato loro la catechesi? Perché il gesto del Papa, che poteva essere ignorato è stato invece tanto sottolineato? Non so se fosse costume raccomandare ai precedenti Pontefici, per queste cerimonie ricorrenti, rampolli di famiglie notoriamente devote, così come sarebbe stato improprio che si fosse selelezionato, questa volta, un prodotto dell'amore agnostico. Per un religioso, un religioso e basta, non hanno rilevanza le opzioni ideologiche delle coppie procreatrici. Voler fare di questo Papa un sovvertitore modernista dei principi sui quali la Chiesa non ha mai conosciuto "riforme", né per motu proprio di vertice, né per efficace influenza della base, è non aver coscienza del cattolicesimo e tradisce la velleitaria volontà politica di farlo proprio, per trasformarlo o stravolgerlo internamente. Lavorio inutile. Ariel Sharon ha finalmente abbandonato la vita vegetativa che gli era rimasta, otto anni or sono, dopo un devastante ictus, non inaspettato nel suo corpaccione elefantiaco. La mole non aveva spento lo spirito provocatorio e spietato del Generale cinico che fece massacrare, violentare e cancellare dai quartieri di Beirut, che abitavano, i numerosi seguaci che vi si erano insediati al seguito di Yasser Arafat, che vi aveva stabilito la sua base, dalle milizie cristiano-maronite che, sotto la protezione dell'esercito israeliano, poterono portare a termine uno dei più grandi scempi della storia contemporanea, nei confronti dei palestinesi libanesi. Quando Arafat era ormai inerme, Sharon gli concesse di lasciare la baia di Beirut e di passare indisturbato in mezzo alle navi da guerra israeliane, diretto in Tunisia, mentre dei suoi compatrioti non rimanevano che brandelli. Un'altra volta lo assediò, dopo aver sbaragliato la sua guardia pretoriana, a Tunisi, all'ultimo piano del palazzo che occupava. Lo braccò sempre, facendogli sentire la sua vulnerabilità, ma non affondò mai il colpo, almeno esplicitamente. I Palestinesi lo considerano l'artefice della mai spiegata, improvvisa morte del loro leader, ma non ne esistono riscontri. Sharon è stato, oltre che un soldato, prima di tutto un politico, che valutava controproducente privarsi del nemico Arafat, con il quale vigeva un equilibrio conflittuale, che cominciava ad essere criticato ed osteggiato da altre formazioni più radicali. Osannato in patria come ogni condottiero vittorioso, dai sionisti più conseguenti, il Generale, il Ministro dell'agricoltura e, infine, il Primo ministro era un'icona del male per tutti i Palestinesi, le cui organizzazioni politiche e militari, lo proponevano ad una venerazione all'incontrario, come l'artefice di ogni sofferenza per i nuovi senza terra. Quando Sharon intravide, però, la possibilità di stringere un patto con l'Autorità palestinese e di rafforzare l'asse con Gli Stati Uniti, non esitò a deportare i coloni che avevano abusivamente avviato delle fattorie agricole in territori usurpati, che fece radere al suolo, insensibile alle loro proteste e a taluni loro atti inconsulti. Andava, per così dire, per le spiccie, non ignorando la realpolitik. Tanto è vero, che, quando volle cavalcare la rabbia e lo sdegno dei Palestinesi per un'altra brutale repressione dei loro moti, non pago dell'esito della sua contro-intifada, ne provocò un'altra, ostentando il suo disprezzo verso il sentimento religioso dei suoi avversari, pavoneggiandosi sul suolo sacro della Spianata delle moschee, un piazzale che sovrasta il Muro del pianto, a testimonianza della superiorità degli islamici sugli ebrei, così come si era sedimentata in un precedente periodo storico, secoli prima. Aveva già programmato l'annichilimento degli avversari, che abboccarono e furono dispersi, con tantissimi caduti fra gli adolescenti e i bambini armati di pietre. E' stato un uomo politico senza sfumature, un uomo di mano senza scrupoli e, contemporaneamente, un duro condottiero della sua nazione. Per chi pratica la diplomazia accomodatoria, incomprensibile. Poco prima di rimanere fulminato dall'ictus, si era violentemente scontrato con il Presidente degli Stati Uniti, George Bush junior, a proposito dell'ennesimo piano di convivenza messo a punto dalla diplomazia americana e che i Palestinesi sembravano propensi a discutere: "forse verrà un giorno in cui Israele non sarà più utile agli Stati Uniti e sarà abbandonato ancora una volta al suo destino, ma noi non possiamo permetterci alcuna ingenuità o debolezza". In questo storico complesso di persecuzione e di alterità, che si fonda su sistematiche e secolari esperienze, c'è una chiave per comprendere l'atteggiamento chiuso e bellicoso degli israeliani e delle minoranze ebree un po' dovunque, anche a costo di diventare, a propria volta, persecutori di altri popoli, sul puro piano della forza. La breve esperienza sionista, che non compendia le numerose varietà in cui si articola l'ebraismo, non può essere, almeno per ora, che quella che conosciamo.

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