venerdì 17 maggio 2013

Il vacuum interiore di ogni violenza.

Il Generale Jorge Videla, dittatore dell'Argentina per sei anni, durante i quali uccise tutti coloro che non riuscì a spegnere attraverso l'umiliazione delle torture, è morto. Le donne incinte che venivano arrestate, erano uccise poco dopo il parto - quindi Videla, cattolico, rispettava i feti - e i bambini affidati in adozione. Di cinquecento affidati, solo un centinaio sono stati rintracciati. Se non c'erano richieste, i neo nati - non più feti - venivano uccisi. Sono stati trentamila i soppressi, ad opera di una mentalità allignante nei ranghi di un esercito inutile, deputato solo alla conservazione più retrogada. I militari presero il potere,dopo aver defenestrato Isabelita Peron, che era succeduta al marito - un altro dittatore di fatto, sia pur eletto - perché la vedova si comportava come farebbe la Santanché se si trovasse nella medesima situazione e nella stessa possibilità di esercitare un potere così vasto e imprevedibile per lei che era solo una ballerina di fila, della quale il tanghero si invaghì e per la quale lasciò la prima moglie. Nonostante Isabelita, fra una piazzata e l'altra, avesse rassicurato gli ufficiali che "la testa non le serviva solo per pettinarsi", i machisti annoiati e preoccupati non si fidarono e colsero l'occasione per applicare una fino ad allora repressa concezione gerarchicamente razzista della società e "ripulirono" la nazione di tutti quegli elementi che l'inconsistente gestione politica della ballerina aveva scatenato e rivitalizzato. Per ottenere questo scopo, allestirono una grande sala di tortura presso la scuola della Marina ed eliminarono fisicamente tutti gli elementi irriducibili, i loro figli non richiesti in adozione. Le madri di Plaza de Mayo, con la costanza e la determinazione delle donne, quando le circostanze intersecano i loro sentimenti, sono invecchiate senza demordere e hanno impedito che venissero rimossi e occultati i crimini imperdonabili di questi graduati, paranoici e assassini. I loro figli sono stati gettati ancor vivi dagli arei nell'oceano, preliminarmente sventrati perché non galleggiassero, attraverso complicità gerarchiche mai scoperte. Giustamente, ma simbolicamente, il solo generale Videla e l'ammiraglio capo della marina Emilio Masera, furono condannati all'ergastolo e sono morti in carcere. Ieri sera, Jorge Videla si è addormentato dopo aver accusato un malore e non si è più svegliato, confondendo l'incubo dell'agonia con un rimorso mai provato. Aveva sempre rivendicato il suo comportamento e ammesso tutti i crimini. Muy guapo, come si dice in america latina, di quella guapperia - sì proprio la stessa espressione usata a Napoli e ereditata dagli spagnoli - di cui andare mortificati e prostrati. Invece così non è stato. La sua morte, come la sua vita, sono state inutili, ma almeno il giudizio penale lo ha colpito e lo ha conservato in carcere fino alla fine. In Italia non sarebbe certamente successo, in nome delle ricorrenti conciliazioni nazionali. Finalmente la natura lo ha necato, ma, dato che non c'è giustizia in natura, lo ha fatto con troppa dolcezza.

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