lunedì 20 maggio 2013

La cultura possibile.

E' andato in scena ieri sera al teatro degli Alemanni, Behind the mirror, più comunemente noto come Il fantasma dell'opera, a cura della Compagnia di Francesca Calderara, nella quale Pietro Riguzzi, oltre che uno dei principali interpreti, ha assunto il ruolo e la responsabilità di organizzatore, direttore artistico e musicale. Pietro, sempre brillante e ottimo interprete, tanto che viene richiesto di esibirsi in teatro, in caffé concerti e anche in manifestazioni pubbliche di strada, si presta gratuitamente:al massimo, prima o dopo lo spettacolo, gli viene offerto un menu ridotto. Ieri sera è stato particolarmente efficace sia nella recitazione, sia nel canto, nel quale ha raggiunto la perfezione in due romanze. Supplendo alle troppo modeste qualità canore di ottimi ballerini, li ha sostituiti in play back, dando completezza alla loro danza. Ha poi orchestrato, insieme alla storica regista, la compagnia, supplendo con la coralità e l'impegno a qualche inevitabile stonatura. Stella, studentessa di lingue orientalii a Venezia, ha chiuso musicalmente l'opera con la sua virtuosità violinistica. Il teatro era pieno di spettatori paganti che avranno coperto appena le spese sostenute dai giovani attori che si esercitano dai primi anni delle scuole superiori nella recitazione, nel canto e nel ballo con crescente affinamento delle tecniche necessarie. Alcuni loro insegnanti li seguono con costanza. La vita universitaria, pur diversa per quanto riguarda gli obblighi di frequenza rispetto alla mia generazione, ha un po' condizionato in negativo la coralità e l'omogeneità della rappresentazione. Più per dispersione da tempo libero - ritengo - che per dedizione agli esami. O, per l'una e l' altra cosa insieme. Ciò non ostante anche e proprio per questo, le voci soliste protagoniste sono risaltate di più e anche lo sforzo organizzativo e suppletivo di Pietro ha avuto modo di manifestarsi. Il Teatro degli Alemanni è il principale teatro cittadino per il teatro dialettale bolognese, ma ospita soprattutto compagnie professionali che non trovano spazi nei circuiti ufficiali, subordinati non solo a logiche artistiche. I frequentatori del 2012 sono stati 13.000, costanti anche alle rappresentazioni di teatro amatoriale, sempre offerto al miglior livello organizzativo ed artistico che sia possibile. Nemerosi e appassionati gli studenti, ma anche molte persone attempate e famiglie, che apprezzano e fanno vivere una cultura diffusa e senza obiettivi, di lucro. Bologna ha avuto una tradizione popolare importante in quest'ambito, a cominciare dall'Arena del Sole, luogo dato agli spettacoli diurni in anfiteatro affollato da popolani con la frittata nel panino, nell'intervallo lungo del lavoro, ma appassionati e competenti. Questa passione non si è mai spenta, ma è ormai poco nota. La città del teatro diffuso sopravvive in tutti i luoghi agibili, teatri, ma anche centri sociali e piazze e sono noti anche fuori dei confini urbani, attraggono un turismo "minore", non ostentato ma qualificato. Purtroppo, la politica dell'assessorato alla cultura del Comune, ha abbracciato i canoni dell'ufficalità e non riserva un centesimo alla cultura che rischia di diventare underground e si focalizza su disastrose gestioni finanziarie, a cominciare dall'Arena del Sole-Teatro stabile di Bologna, riconvertita alle pur importanti rappresentazioni "maggiori". Il Teatro Duse è rinato, dopo il rischio concreto di chiusura, ad opera di privati imprenditori bolognesi che hanno accettato di chiudere in passivo le prime due stagioni e che si ripromettono di conseguire un utile alla terza. Uno di costoro è il padre di Stella, la violinista. Ingaggiando compagnie ed artisti per tre giorni ( ma anche uno solo )e superando la programmazione che prevedeva una compagnia alla settimana, scritturando virtuosi del palcoscenico, della musica e del ballo, sono riusciti a riempire ogni sera l'antico teatro, secondo uan concezione privatistica che ha un po' diluito la "pesantezza" culturale dell'Ater teatro, pur mantenendola ad un buon livello complessivo. Va soggiunto che la "leggerezza" mercatoria, pur scontando la ridotta passività del riavviamento, viene conseguita attraverso l'ingaggio giugulatorio di ottime compagnie senza particolare appeal e con apparizioni - quelle di un giorno solo - di vedettes capaci di fare audience, che impongono all'impresario il cachet che vogliono. Si dà, cioè, a questi ultimi, quello che si nega a tutti gli altri. E' la regola di ogni imprenditorialità. Sta di fatto che le autorità pubbliche non investono più sul teatro non ancora affermato cioè in grado, almeno potenzialmente, di pagarsi le spese ( cosa che non avviene nella pratica ). Ciò non di meno, i 10.000 stabili frequentatori del teatro dei "guitti", che ciascun teatrante, di qualsiasi livello e gli amanti di quest'arte sanno non essere un insulto, mantiene in vita queste espressioni, come nelle cantine di Praga, nei circoli vernacolari e bohemiennes che sopravviveranno, nonostante la censura del "rigore", per l'impegno di questi bravi e ottimi interpreti e di partecipi spettatori.

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