sabato 26 settembre 2015

Metodi poco accoglienti.

Il capo o presunto tale degli scafisti è stato ucciso in Libia da un commando addestratissimo che, senza subire perdite, lo ha eliminato insieme ai suoi otto uomini di scorta. Un'azione da servizi segreti e di quelli buoni. Resta da capire, ma non credo che ce ne saranno forniti gli elementi, se si sia trattato di un'eliminazione diretta, per procura o nell'ambito delle triangolazioni diplomatiche internazionali. La nettezza dell'esecuzione farebbe pensare agli Israeliani, in un contesto, però, nel quale e in rapporto al quale non hanno interessi diretti o coinvolgimenti: gli esuli non approderebbero sulle loro coste, al massimo in Cisgiordania. Il trafficante ucciso non era uno sprovveduto, si trattava infatti di un alto ufficiale dell'esercito di Gheddafi, probabilmente impegnato nel contenimento dei profughi, in maniera da formarsi una solida preparazione di merito e di contesto. Era comunque un uomo avveduto e approfondito nel mestiere delle armi e nella direzione delle milizie. La saga dei migranti è entrata nella sua fase di intelligence, come era urgente che fosse e lo ha fatto nella maniera più essenziale. Non si saprà mai, con certezza, chi è stato e perché ha agito così.

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