domenica 13 settembre 2015

L'araba fenice.

Jeremy Ber­nard Cor­byn è il nuovo segretario e candidato leader del Partito labourista britannico. Dopo i contorcimenti al capitalismo ed alla guerra di Tony Blair, il labour party torna alle sue origini di oppositore di una destra tutt'altro che incline ai compromessi e con la quale gli scontri sono sempre stati all'ultimo sangue. L'Inghilterra è la prima nazione a tornare sui suoi passi, dato che Syriza in Grecia, che pur attesta l'opposizione popolare anche se poi disattesa, ha già ingranato la retromercia; è la nazione dove il capitalismo è nato e da dove si è espanso negli Stati Uniti e, dopo la seconda guerra mondiale, in tutto il mondo soggetto al suo colonialismo storico, oltre all'europa continentale, nella quale la mentalità liberale e liberista era stata un portato di ristrette frange di reddituari e non si era mai imposto sul e nel sistema politico. Aveva infatti dovuto ricorrere ai buoni uffici popolari del fascismo, della parte preponderante del Partito cattolico e della Chiesa ed oggi della collaborazione subordinata della sinistra renziana. Corbyn ha già sessantase anni ed è stato coerentemente, per decenni, nelle retrovie del Labour, sedimentando una natura schiva e del tutto aliena dalle buffonesche rappresentazioni del nulla tanto in voga oggi. Eppure è sempre stato coerentemente all'opposizione, ha votato contro tutte le risoluzioni che non condivideva e l'altro ieri, a sorpresa, ha ottenuto un'investitura del 59% dal suo partito, mentre il suo competitor di cui lui doveva essere, nelle previsioni, solo uno sparring partner, ha ottenuto solo il 19% dell'apparato burocratico del partito, sul quale si era appoggiato, contando sul conformismo dei tempi. Eppure, un segnale sia pur ancora flebile di ritorno alle origini, sempre uguali nella sostanza all'attualità del movimento operaio inglese, che più operaio non si potrebbe, lasciano ben sperare circa il superamento venturo degli spot sulla società angusta e ridotta, risaltante di luci perchè gli altri sono al buio. Dopo Syriza e Podemos, dopo Demirtas e l’emergere del socialista Sanders negli Usa, la sinistra europea sembra riemergere dalle sue macerie.

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