lunedì 28 settembre 2015

La cultura politica e l'incontrovertibilità dei fatti.

Il botta e risposta all'assemblea generale dell'ONU fra Barak Obama e Vladimir Putin, attiene alla più squisita arte della politica. Almeno nei principi. Guai a chi appoggia il tiranno Assad. I tiranni vanno rovesciati. Non è chiaro se l'amministrazione nord americana se ne sia accorta solo ora o se Obama, ondivago e incerto in politica estera, non rinunci ad un idealismo sottostante l'esercizio del potere. Per Vladimir Putin si tratta invece della riaffermazione, oltre che di interessi geo-strategici, della riaffermazione del realismo, del materialismo dell'analisi politica e militare e la sua pplicazione. Così facendo è uscito dall'isolamento nel quale l'aveva relegato l'annessione della Crimea e la guerra di confine nella regione russofona del Donbask, ma la sua presa di posizione non ha solo questo significato, ma anche quello della presa d'atto delle cose come stanno e delle conseguenze morali e generose di un mutamento repentino, senza che ne sussistano le condizioni. C'è in Putin, mutuata dal suo passato e dalla sua formazione comunista, il senso e l'analisi delle circostanze nelle quali, scorrendo,si dipana la storia, nella quale qualsiasi entità deve sapersi inserire a tempo e luogo. Non c'è idealismo in Vladimir Putin e forse quello di Obama è una mascheratura "democratica". La guerra in Siria continua, provoca la rovina di intere popolazioni e le induce ad emigrare, ma anche il califfato che occupa già l'estensione di uno Stato, fra l'Iraq e la Siria, è un frutto velenoso "dell'idealismo" petrolifero, messo in difficoltà dal terrorismo, degli Stati Uniti, dell'Inghilterra e della Francia. Nell'idealismo, democratico o dei principi, alligna l'espansione economica e la sua promozione armata; in questo caso attraverso una delega. Nel realismo materialista di Putin alligna, invece, la salda e inconfutabile satrapia territoriale che si espande e si consolida in un gioco del domino, sullo scacchiere delle mutevoli opportunità, speculando anche sulla dinamica delle contraddizioni. Due diverse dinamiche imperiali, destinate a scontrarsi e misurarsi senza sosta, perché la prevalenza dell'una implica la rovina dell'altra.

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