venerdì 30 gennaio 2015

La malafede interpretativa di quel che è chiaro.

Scioperi. L'Italia sciopera ancora, dividendo gli ambiti fra protestatari e rivendicazionisti. Protestatario è certamente quello, in corso, dei bancari, ex categoria anomala del lavoro dipendente, in difesa di una "quadro" contrattuale privo di contenuti, che però mantiene ancora la categorialità, l'appartenenza ad un unico ambito, nel quale e con il quale confrontarsi. Gli scioperi rivendicazionisti sono, invece, tornati alle origini e, spesso, non conoscono più un interlocutore a cui riferirsi. Rivendicano ciò che "gli ultimi" stanno perdendo. Il recente job's act, conduce, in un alveo, "un quadro" sbrindellato, i lavoratori d'occasione nel "vacuum" delle tutele crescenti, tanto più illusorie quanto sempre più frequenti sono gli appalti che hanno cercato di superare, negli scorsi decenni, il divieto di contrattazione facile al di fuori della categoria di appartenenza. Dopo gli appalti, è diventato sempre più frequente il cambio, la sostituzione delle società appaltatrici che, altrettanto spesso, hanno "figliato" altre società, si sono fuse e smembrate, alla continua ricerca del profitto a scapito del salario e annullando qualsiasi dignità nel lavoratore. Le "tutele crescenti", quindi, sono già pronte per essere eluse attraverso il trasferimento dei lavoratori, mano a mano che acquisiranno "anzianità", ad opera delle nuove società appaltatrici, presso nuovi appalti, "azzerandone" così l'anzianità e le tutele e poter, successivamente, operare dei licenziamenti a basso costo. L'intervenuta abrogazione della tutela reintegratoria verso il licenziamento per motivo illecito determinante, toglie il freno ad ogni possibile abuso. Il mantra di ogni associazione padronale, a sua volta non più tenuta all'iscrizione alla associazione datoriale di appartenenza, ma libera di accasarsi temporaneamente dove trovi maggior "apertura" ai suoi calcoli reddituari, al "contesto occupazionale e produttivo", si richiama, tempo per tempo, occasione per occasione, ai modelli "flessibili", che, più che un modello, sono un quadro concettuale opportunistico. In tutto questo, grande è stata ( e potendo, ancora sarebbe ) la responsabilità dei sindacati "codeterministi", come se fossero già stati istituzionalizzati o avessero sempre per interlocutore un Governo "amico". Opponendosi alle iniziative "flessibilizzanti" dei Governi di destra, i sindacati hanno posto un argine fragile e friabile al perfezionamento del "quadro" disgregatore, che oggi( e in minor misura, già in passato ) uno pseudo Governo di centro-sinistra sta portando a rapido e ferale esito, così come vuole la Troika europea, alla quale la politica ex sociale - almeno in Italia - è strettamente abbarbicata. A questo punto, una domanda ineludibile sorge spontanea: verso quale modello economico precipita un mercato del lavoro fondato sulla flessibilità liquefatta del lavoro, su un paradigma di lavoratore a resistenza zero, del tutto sostituibile e fungibile rispetto ad altra forza lavoro?

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