sabato 17 gennaio 2015

Falle, per lo meno, chiarificatrici.

Sergio Cofferati ha lasciato il PD del quale era stato uno dei quarantacinque cofondatori. Il commissario alla riconquista del Comune di Bologna, parlamentare europeo, era trasmigrato in Liguria, al seguito della sua giovane compagna, si era candidato, come membro di un apparato consolidato, al governatorato della regione. Questa volta l'apparato non è stato sufficiente. Cofferati, probabilmente, era abituato ad agire per linee intere, era rimasto abbarbicato a questo modello e si è visto sopravanzare da una candidata imposta sulle e tra le correnti, con un modus operandi a lui estraneo. La sua carriere politica, come la sua missione presso il Comune di Bologna, sono state mediocri; la sua ambizione di tornare su di un proscenio, intriso in gran parte di ideologia stucchevole, tipica di chi l'ha acquisita da autodidatta e l'ha coniugata con la sacertà dell'uomo d'apparato, è stata volutamente respinta. Per questo se ne è andato. Se della sua dipartita politica, ma soprattutto amministrativa, non c'è da lagnarsi, spiace l'uscita di scena dell'ultimo grande sindacalista italiano. grande non solo per la manifestazione romana per l'art. 18 della Legge 300, ma per tutta la sua vicenda alla testa del più grande e combattivo sindacato operaio d'Italia. Pochi sanno, al di fuori della CGIL, di quanta rigifità, protervia e prepotenza abbia fatto la cifra della sua lunga segreteria; sotto traccia, dei suoi scontri con la FIOM che hanno caratterizzato tutti i suoi anni al sindacato. Da molti settori del suo stesso partito non era amato, perché era intransigente. Figurarsi ora, in un partitino di boy scout e aperto a tutte le influenze, anche elettorali, in sede di scelta dei candidati, del principale oppositore di destra. Io, di Cofferati, come dei migliori comunisti, apprezzavo la determinazione, la coerenza e la personale onestà, ma mai sno stato attratto nella sua orbita, perché io amo sopra ogni altra cosa, la libertà e quel combinato disposto valoriale portava al grigiore ed alla negazione della medesima. Ma, pur non votandolo e non appartenendo alla sua famiglia politica, al buon Sergio Cofferati che potrà dedicarsi al suo figlioletto come se fosse il suo nipotino, non preferirò mai questa accolita di speculatori superficiali, ladri ( vedrete..) e compromissori, privi di cultura ( di cui fanno la loro forza )e di principi, giusti o sbagliati che possano essere. L'autoesclusione dal suo partito di Cofferati apre però un altro spiraglio agli spifferi di separazione degli ambiti, che solo l'interesse od il timore, tengono grottescamente incollati in una sinistra peggiore della destra quando è al governo. L'onestà presuppone la chiarezza.

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