giovedì 1 gennaio 2015

Non c'è progresso se non diacronico e storico.

Il modello di jobs act di Matteo Renzie ( ma sarà proprio il suo? Secondo me non sa neppure di che si tratta, infatti vola sulle nuvole quando accenna a qualsiasi provvedimento del suo governo ) consentirà alle imprese, darwinianamente rimaste, di festeggiare per i maggiori profitti, mentre il lavoro sarà sottoposto alla schiavitù di un Medio Evo tecnologico. Certamente siamo lontani anni luce da un modello di economia delle conoscenze su cui si fondano i sistemi produttivi dei Paesi avanzati e di quelli ( casomai come meteore ) emergenti, un'economia, cioè, nella quale siano centrali l'innovazione e la conoscenza, la ricerca per lo sviluppo. Neanche con questo sistema sarebbe assicurata l'ingaggiabilità, prolungata nel tempo, dei lavoratori generici, una vasta massa destinata al sottosviluppo. La "knowledge economy" - come dicono coloro che praticano l'esperanto da computer, la lingua del business - potrebbe maturare solo attraverso un lavoro professionalmente qualificato e di lungo periodo, necessiterebbe di un profilo di lavoratore particolarmente formato, con elevata retribuzione e con una peculiare stabilità lavorativa, che è l'unica e tangibile garanzia della continuità del proceso di sviluppo. Nella realtà italiana, chi ritiene di avere queste caratteristiche, emigra e restano, inamovibili, gli apparati clientelari e le loro appendici. Ma, a questo punto, non vale la pena di rimproverare a Renzie e al vecchio comunardo riciclato tre volte, che ne è l'abusivo, acostituzionale sostegno, che far quello che dichiarano di voler fare non serve a niente. Il primo se ne frega e ha davanti a sé inaspettate possibilità di continuare a parlare a vanvera per anni e anni; il secondo lo sa benissimo, ma ne ha preso semplicemente atto. Quest'ultimo governo abusivo rappresenta la fase terminale della distruzione, non della modifica, della Costituzione: è nato ed opera per questo. E' stato messo lì da una mediocre e corrotta classe dirigente ( in quanto portatrice di interessi, ma senza cultura e dignità ) che ha deciso - senza neanche assumersene direttamente la responsabilità - che il sistema sociale - sia pur lacunoso - e democratico del dopoguerra non possa essere più mantenuto, né implementato, di fronte ai vincoli della Toika e della finanza globale, un ossimoro continentale, l'una dell'altra. La rivoluzione proletaria non è e non era alle porte; si trattava di contestare quei vincoli, euro compreso, oppure di inseguire, con il fiatone, il modello del capitalismo senza argini, contrappesi e contributi pubblici. La strana coppia, un geronte e un rottamatore, hanno scelto, all'italiana, di essere, a prescindere, fedeli esecutori di quei vincoli e per quei vincoli sono oggi avversari ( il secondo sul limitar di Dite ) di tutto ciò che, nella storia italiana, ha significato progresso sociale e democratico. Se questi due Disocuri, per età la falsificazione storica e partitica l'uno dell'altro, hanno condotto le cose al punto, temporaneo, di non ritorno, chi si oppone alla loro scelta acquiescente deve essere altrettanto intransigente e rigoroso, altrimenti la coerenza rezionaria sarà la sola forza devastante in campo. Si riprodurrà, negli abiti trasandati di moda da penuria e da "subura" americana, un altro quadro da "quarto stato", quando le braccia vennero cacciate dalla terra che avevano coltivato per il consumo dei padroni, perchè agrari e baroni reclutavano gente più povera e disposta a subire condizioni peggiori. Mutatis mutandis.

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