venerdì 3 luglio 2015

Brand..b(r)anditi.

La Ferrari avrà sede legale in Olanda, ergo: sarà un'azienda olandese. Che la produzione dei mezzi, necessariamente d'élite ( o almeno, si spera )resti a Maranello è possibile, ma ci sarà semplicemente la catena d'assemblamento dei mezzi ed eventualmente il circuito per provarli. I risultati agonistici saranno la chiave di volta per ammortizzarne i costi; la sperimentazione si applicherà sui mezzi da turismo, come è già avvenuto per la Giulia, che sarà sul mercato da Novembre. La FIAT dopo gli Agnelli, intesi come i tre storici fratelli, o meglio, due più una, è stata frullata, centrifugata nel pelago indistinto delle facilitazioni fiscali, nelle fusioni transoceaniche: dopo essere stata un baluardo facilitato del marchio Italia nel mondo, si internazionalizza, si anonimizza e cerca di alimentare i suoi capitali, estraniandosi dal contesto fragile e potenzialmente condizionante dell'Italia. Saluta, con l'Italia, anche i suoi sindacati che - nonostante la "complicità" di CISL e UIL, mantenevano all'interno dei cancelli una forte prevalenza cigiellina, che l'esclusione dagli accordi aziendali non era riuscita ad indebolire. Come avrebbe potuto? La FIAT è sempre stata la punta di diamante dell'aziendalismo oppressivo, con i frequenti licenziamenti dei sindacalisti che non stavano nei ranghi, con i reparti-punizione e i reparti-ghetto, con lo spionaggio e la schedatura interne, da Valletta in poi, mentre l'Avvocato per antonomasia era conosciuto all'estero come un play boy di successo. E' vero che la FIAT è stata una fucina di brigatisti rossi, ma anche nel senso che aveva preidsposto una organizzazione adatta per crearli ed è stata il palcoscenico della rivolta reazionaria e autolesionista dei colletti bianchi o quadri che dir si voglia, che sfilarono teatralmente per le vie di Torino, perché inibiti dai continui scioeri interni agli stabilimenti, che però non li coinvolgevano, dato che non era segnalata la loro presenza nelle assemblee. Era, anzi, implicitamente vietata, così come era implicto che questo esercito di impiegati di riserva guidasse, eterodiretto o eterocondizionato, la reazione alle aspre officine. Oggi, la Ferrari, acquistata alla morte dell'Ing. Enzo Ferrari per pochi soldi, come costume nell'ambito della speculazione privata, va a rappresentare non più il lavoro italiano, ma il blasone senza patria di una industria meccanica che si sposta per evitare le crisi di un settore profondamente in difficoltà - come le piccole aziende non possono fare -, si fonde per creare le condizioni di un'espansione senza obiettivi diretti in aree strategiche e si rifugia, non più nelle braccia dello Stato assistenziale, ma negli interstizi della fiscalità attrattiva e del decentramento dell'immagine della passione di chi una Ferrari non la guiderà mai.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti