mercoledì 15 luglio 2015

La precaria immortalità.

Barak Obama ha compiuto la sua mossa immortalante: ha sancito un accordo che consentirà all'Iran di affinare le sue competenze e strumentazioni nucleari, a soli, dichiarati, fini civili. Il Presidente titubante in politica estera e stentatamente riformatore in patria, ha dialogato con il competitore più acceso - anche perché non c'era più lo Scià-Quisling - e gli ha creduto. Mi sovviene l'affermazione di Saddam Hussein, poco prima di essere impiccato: non fidatevi mai dell'Iran. Lo diceva da belligerante, per conto degli americani, quando era ancora loro alleato nell'area, oggi in preda al caos e che gli Stati Uniti cercano di riordinare, equilibrando, sulla carta, le forze fra Sciti e Sunniti e arruolando gli Iraniani contro il Califfato. La geostrategia, locale e internazionale è sempre rivedibile, ma lo Stato che si sente tradito ed isolato dal Presidente democratico, è Israele, che pur essendo una dissimulata potenza atomica, teme la competizione tecnica e scientifica con uno Stato, l'Iran, ai vetici della tecnologia e con una borghesia colta, che non governa, ma troverà occasione e motivo di valorizzazione dalla condizionata libertà accordata al proprio Paese. Ora, sempre sulla carta, gli alleati infidi dei nord americani mell'area mediorientale sono i Sauditi e, nei fatti più che nelle intenzioni espresse, i Persiani, gli uni e gli altri coalizzati su opposti versanti geografici contro il Califfato iracheno-siriano. Ma Israele non dorme sonni tranquilli. Nethanyau intervenne a gamba tesa durante le elezioni di "middle term", parlando al Senato, pur essendo stato invitato solo dai Repubblicani e andandosene, ignorando il presidente in carica. I Repubblicani stravinsero. Nelle psicologia israelita e, di conseguenza israeliana, il senso di solitudine è connaturato all'essere ebreo, degli altri non c'è da fidarsi e bisogna provvedere, ora che finalmente si è diventati uno Stato, da sé alla propria tutela, anche e soprattutto prospettica. Che questo lo abbia fatto diventare uno Stato aguzzino - pur essendo stato primariamente aggredito nel 1967, ma dopo un insediamento progressiovo fin dalla fine del 1800, supportato dal tritolo delle azioni terroristiche di Ben Gurion e dei primi coloni - è osservazione che non lo tange, soprattutto ora che si sente di nuovo relegato ai margini da una politica troppo estesa, troppo, cioè, "democratica" del leader nero in fine di mandato. Il Consiglio di difesa è stato subito convocato, dopo la stipula dell'accordo che vede tutti i protagonisti convenzionalmente felici e sorridenti, mentre lo Stato di Sion torna cisposamente nel Ghetto storico, dal quale però si prepara a reagire.

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