giovedì 26 marzo 2015

La vertigine verso il nulla.

Dunque, un suicida. Il ventisettenne copilota dell'Airbus 320, sul quale molte volte ho volato, ha deciso di farla finita in maniera epica, incurante della sorte altrui, come un condottiero della classicità. Di fronte alla morte siamo di nuovo e finalmente soli e la socialità morale si cancella nell'epilogo. Gli altri non volevano morire, alcuni erano stati sorteggiati per un viaggio premio, c'era anche una delegazione di sindacalisti, ognuno coltivava il suo mito di ruolo prima di ripiegare nella paura dello schianto in scatola. Non è la prima volta che succede, già un pilota marocchino diresse verso il suolo il suo velivolo dopo una violenta discussione a bordo con la hostess della quale era innamorato; la disperazione, la rabbia, ma anche la noia e la depressione sono il nulla e non è possibile presumere coscienza di sorta. Il copilota si è imbozzolato, si è escluso poco prima della fine, non diversamente da chi si uccide provocando incidenti stradali e quando non ci riesce è inquisito e "responsabilizzato" per la "colpa", l'ubriachezza o la tossicità. D'altra parte, si preoccupano i costruttori di automobili dei 17.400 morti, lo scorso anno, nella sola Italia, a causa e per effetto della loro produzione e commercio? La dinamica tecnica, come la biologia, contemplano la vita e la morte indifferentemente e la natura medesima conosce i balsami e i veleni e non li analizza certo ideologicamente. Gli uomini che uccidono le donne e, molto più di rado, il contrario, gli adulti che abusano dei bambini e le madri che "abortiscono" tardivamente i loro piccoli uccidendoli, sono reali e i giudizi contro di loro accantonano i fatti e i loro prodromi, rifiutano di riconoscerli. La superficialità della morale predicata si manifesta in questi frangenti, nei quali il suicidio è una forma di violenza contro se stessi. Di violenza, appunto. Non si può pensare che gli altri, gli estranei vadano salvaguardati, dopo tanta indifferenza, ostilità anche nelle piccole beghe quotidiane. In fondo, loro non si sono mai curati di noi e noi di loro: non esistono, c'è solo la fissazione verso il baratro verso il quale planare o precipitare. Ora, nel vuoto cosmico, i parenti impotenti non potranno che maledire il nulla che si è dissolto in un lampo annientatore.

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