lunedì 25 aprile 2016

Un re travicello, dopo il feudatario golpista.

Sergio Mattarella è stato voluto da Matteo Renzi, con la regia di Giorgio Napolitano. Romano Prodi è stato tagliato fuori dalla carica dei 101 renziani e via tagliando. E' chiaro che, dopo Napolitano, toccava ad un democristaino..di sinistra rotaryana, che facesse specchio a Matteo. Dissidi e conflitti sulla strada delle riforme a metà, con Mattarella non ci saranno. Chiuso nel suo appartamento quirinalizio, si sposta con discrezione anche in luoghi desueti: è stato infatti il primo presidente della repubblica a visitare l'Africa francofona, nella speranza non di stipulare qualche contratto, per il quale ci vogliono robuste tangenti private, ma di ottenere qualche voto come membro occasionale del Consiglio di sicurezza dell'ONU, dove ormai parla anche Di caprio e dove, quindi, potremmo trovare spazio anche noi, dando maggior peso alla nostra penetrazione commerciale, con qualche ben concordata, da quel seggio, missione di pace o umanitaria. Ora che la politica impotente sul terreno delle decisioni, sembra riprendere mediatico vigore per la prospettiva autunnale del referendum sulla devastazione costituzionale, non concordata né discussa con nessuno, ma apportata a suon di mutilazioni dal governo abusivo, ecco che il timido Sergio sospira o meglio recita: L'Italia si deve modernizzare. In questo modo? Non è dato proseguire. Sta di fatto che il neo presidente è già stato artefice, prima di traslocare alla Corte costituzionale e poi al Quirinale, del primo compromesso "ancien regime" della sedicente seconda repubblica: il "mattarellum" appunto, che conciliava compromissoriamente capre e cavoli, provocava una slavina di leggi elettorali senza possibilità di competizione e di scelta, fino a contribuire - forse - a dichiarare illegittimo questo parlamento, senza eccepire alcunché all'occupazione dei seggi del governo, al centro dei quali il bullo di Rignano sull'Arno è solito consumare il caffé, per non addormentarsi durante i dibattiti, dato che non capisce quello che viene detto, tanto che, in replica, ripete i suoi slogans, a prescindere. Mattarella è già entrato in campagna elettorale, imitando le continue invasioni di campo del regista interno del golpe voluto a Bruxelles e di cui, sia pure sommessamente, per ora, anche il nuovo pupo del Colle si rende devotamente interprete. La diversità fra il sottile giurista e il pasticcione istituzionale, nei confronti del bullo non risalta, non può risaltare, resta una sterile, non utilizzabile, qualità culturale che, evidentemente, non orienta la morale rotaryana del presidente. Insieme al bullo di Rignano, come già il suo borbonico predecessore, va nel senso dettato dalle corporazioni più forti, più ricche e meno esposte a subire contraccolpi negativi dai diktat guglielmini, essendosene già andate all'estero e non in europa, da tempo. E' la solita Italia lamentata da Ugo Foscolo che confondeva la gloria antica di Roma con la sua commemorazione culturale e non la vedeva. Come il presidente Mattarella.

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