sabato 9 aprile 2016

W le intercettazioni.

Si ricomincia con l'invocare la censura sulle intercettazioni. Ogni censura è antidemocratica e configura la tutela degli interessi mafiosi. La prepotenza circa la diffusione delle notizie susseguenti ad un fatto che non si vuole che sia documentato, è appunto un atteggiamento omertoso. La privacy non c'entra nulla. E' violazione della privacy denunciare un reato, un illecito amministrativo o un atteggiamento ostile, gratuito e penalizzante? Non esiste la facoltà di replica e di denuncia? Si vuole solo non essere disturbati nel perseguimento di un interesse, di un calcolo privato e si pretende che quanto fatto attenga esclusivamente ai fatti propri, anche quando coinvolge e danneggia il denunciante o quando "i fatti propri" attengono invece agli interessi pubblici. Un eventuale uso distorto o strumentale delle intercettazioni puà essere contrastato anche con la replica, con la contestazione dell'interpretazione dei fatti, ma ben poco c'è da obiettare quando la fattispecie è esplicita. Per questo si vorrebbe tacitare le fonti, anche quando sono le Procure della Repubblica. Se il potere giudiario fosse subordinatao all'esecutivo, il risultato sarebbe raggiunto, ma si violerebbe l'equilibrio, indispensabile, dei e fra i poteri. A meno che si voglia postulare che quanto viene dal governo, o dalla magistratura stessa, sia a priori, per convenzione, buono e giusto. Se così non è, il confronto, il contrasto e l'accertamento dei fatti, che non può essere che preceduto da una denuncia, con tanto di prova annessa, se possibile, sono imprescindiili da una società complessa e democratica, nella quale l'informazione, prima ed in corso di giudizio, è un elemento di coinvolgimento nel bene comune, ma prescindendo da favoritismi e clientelismo, la vera cifra antropologica dell'Italia. Quella che chiunque governi, non vuole rottamare e sradicare.

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