sabato 30 aprile 2016

Reiterazioni, ma inevitabili.

Si torna a morire sul lavoro. Così "titola" l'INAIL nel suo rapporto periodico. In parte si tratta di lavoro nero, i cui infortuni non mortali sono coperti ed occultati con il sistema, che sembra studiato "ad hoc", dei voucher retributivi e previdenziali, in parte di ipersfruttamento e di riduzione all'osso, quando non "interpretativa" trascuratezza, degli accorgimenti di sicurezza e di igiene lavorativa. In realtà, sul lavoro, soprattutto manuale, si è sempre morti; restano inivestigati gli effetti dello stress, del mobbing, dei carichi, dei ritmi e delle modalità di lavoro, delle cattive abitudini compensatorie indotte da quanto precede. Le cifre, di per sè, a me non dicono niente. Contano le morti, ciascuna delle quali è strettamente individuale. Domani di diranno tante cazzate sui palchi rumorosi e musicali del Primo maggio, da parte di sfacciati delegittimati alla ricorrenza funebre; pare che, qua e là, ci saranno riediti soggetti in veste mogia e non più operaistica, perchè gli operai non ci sono più, almeno come classe sociale, che si offriranno come pastori al vasto e dispersissimo, occasionale e precario gregge. Sarà una rievocazione stanca e conservatrice: bisogna ricominciare tutto da capo, ancora una volta. I tempi cambiano, i lavoratori, adesso solo i poveri, restano.

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