sabato 2 aprile 2016

E' Brancaleone il monumento adatto.

Quando, poco fa, ho scritto del "Petrolio" della ministra Guidi, della facilitatrice del e per il suo "compagno", non sapevo della devastazione del monumento a Pasolini, al Lido di Ostia. L'associzione "Militia", una delle tante sigle del fascismo coatto laziale, si è attribuita il vandalismo, "giustificandolo" con la "frocialità" di Pasolini e la sua pedofilia che si era esercitata, a dire il vero, solo in Friuli, dove era stato allontanato dall'insegnamento ( avrebbe dovuto invece essere punito, come chiunque approfitti di giovinetti ) per intercessione di un confessore dei suoi discepoli. Non lo giustifico affatto per questo, ma sottolineo solo che si era comportato come tanti maestri antichi esercitanti la "paideia" nei confronti dei loro discepoli e adepti, come, del resto, ha dimostrato di fare, con pari, tradizionale attitudine, la chiesa stessa nella sua opera didattica, sempre rivendicata nei confronti del potere politico, conservativamente rivelatasi preziosa nelle epoche buie per la cultura e molto meno per quelle invece vitali. Ma tant'è: anche i preti, coperti dal Vescovi, amministravano alcuni ammaestramenti per via empirica. La motivazione dei miliziani è superficiale e pretestuosa, certamente si suggestionano con questi disvalori ma, proponendosi dei fini politici, sanno, in cuor loro, che la vera ombra pasoliniana sta nella cultura portata e rappresentata al livello degli ultimi, con il loro linguaggio, movenze e, appunto, superficialità, la stessa, in divisa, dei sedicenti appartenti a "Militia", che poco fa se la sono presa con un simbolo alieno e quarantun'anni fa, forse, con la persona in carne ed ossa. Il monumento era ed è un simbolo alieno in quel contesto e chi ha voluto erigerlo in quel luogo avrebbe dovuto saperlo bene: ora lo sdegno e la riprovazione suonano di maniera. Al Lido di Ostia, a quelle anime incapaci di leggersi interiormente, la figura di un intellettuale che come nessun altro seppe immergersi, da suicida, senza assumere atteggiamenti educatori, "interpretativi" e sentenziosi, in quel mondo istintivo di riflessi pavloviani nel quale la forza era l'ultimo suggello della "verità", quell'icona era improponibile ed, infatti, era rimasta rimossa ed ignorata per decenni. Ora che un film e la richiesta di una commissione d'inchiesta su quella morte sono tornati a farsi impellenti, ecco la riaffermazione della discriminante "fra ciò che si può e ciò che non si deve fare" torna a dispiegarsi su quella memoria, in quel contesto incongrua.

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