venerdì 8 aprile 2016

La revisione del dogma.

Revisionare un dogma è possibile? No, altrimenti non è più un dogma ma una rielaborazione politica di una prassi. In un'epoca di comunicazioni istantanee è impossibile, da un lato, sottacere il costume reale rispetto ai filosofemi e, dall'altro, esulare dall'analisi empirica delle proprie deliberazioni che diventano opinioni..opinabili. Il pampa-Papa se ne è uscito con l'ammissione dei divorziati, per di più risposati, ai sacramenti. Ha preso atto della diffusione del fenomeno anche fra le sue file e, nel contempo, ha cercato di subordinare la concessione, revocabile, alla stima costante dei confessori di raccordo con i Vescovi. E' un ritorno bell'e proprio al feudalesimo, il periodo d'oro del cattolicesimo e nasconde, come sempre, una buona dose d'ipocrisia, perché apre un varco, comunque preferenziale, nella riammissione dei devoti incontinenti, negando implicitamente, nella sua semplicità, il dogma. E' stato probabilmente più dogmatico Salvatore Riina, con i suoi silenzi intransigenti durante l'intervista con Bruno Vespa, che ho visto su you tube. La Chiesa, nel corso di cinque secoli ha fissato le basi immodificabili dei principi inviolabili e adesso ci viene a dire, per la prima volta nella sua storia, che uno od una, che ha abbandonato la sua precedente famiglia e ne ha costituita un'altra, può ancora sacramentalmente, dopo aver violato un altro sacramento, essere "riammesso" fra il popolo di Dio? Esistono nel discorso papale tutta la consueta serie di distinzioni e sottodistinzioni che negano la premessa ed il suo assunto: bisognerà vagliare le condizioni della famiglia abbandonata e quella di nuova costituzione, come se questo, di per se, non costituisse una distinzione censitaria e non avvantaggiasse, se di vantaggio si può parlare, le classi ricche che, essendo, di solito ma non sempre, anche le più acculturate o le meno ignoranti, possono esprimere le revisioni di coscienza più verosimili e permettersi il mantenimento di due famiglie.. di grande o almeno media cilindrata. Il controllo sul gregge e sul territorio dei Vescovi e dei parroci dovrebbe diventare capillare e costituire un vero e proprio ordine sociale parallelo a quello delle istituzioni pubbliche, tanto da diventare concorrenziale con il rarefarsi delle risorse erariali e ben sapendo che la politicuccia dei nostri paralleli ben s'adagia sulla morale ecclesiastica se produttiva di suffragi. Ben l'ha fatto massicciamente durante tutta la prima repubblica. A me del fatto in se e delle sue involuzioni non importa proprio niente, mi interessa, invece, la gesuitica sottodistinzione tutta politica, dell'apportato vulnus dottrinario, ben memore del paterno ammonimento di un mio antichissimo maestro e confessore di cui serbo, pur nell'agnosticismo, il più vivo e caro ricordo: "se e quando la Chiesa affermerà che i comportamenti licenziosi sono leciti ( quà c'è di più e di peggio, perché si assorbe la loro istituzionalizzazione, violatrice di un sacramento ), lascia senza rimpianti la chiesa stessa: vuol dire che è un'istituzione solo umana e non vorrai dar retta ad un'istituzione umana? Non ne varrebbe la pena ". La Compagnia di Gesù ha colpito ancora, ma lo ha fatto allo scoperto, dividendo certamente la Chiesa al suo interno e procedendo, a metà, nel vasto e noiosamente ripetitivo pelago del mondo. Non ho alcun dubbio che molti, per le ragioni più spurie, se ne feliciteranno, come se "infallibilmente", ma stavolta all'incontrario, le parole di un uomo potessero, ammettendone la sussitenza, modificare il verbo divino, il dogma, appunto, ma si sa, l'ignoranza e la ruffianeria sono la base di consenso del potere, in questo caso di recupero e di riaffermato controllo sul gregge. Un lavoraccio per i pastori-parroci, in realtà cani da guardia dei Pastori-Vescovi.

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