domenica 10 aprile 2016

L'autoreferenzialità dell'etica.

Il Segretario di Stato statunitense Kerry visiterà per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il memoriale di Hiroshima, ma non chiederà scusa. Non chiederà mai scusa, come ha affermato preliminarmente. Forse lo farà fra qualche secolo un Presidente equivalente del Papa, il cui ministro degli esteri, come Kerry, è a sua volta denominato Segretario di Stato, pur nell'incertezza che un'istituzione basata sugli interessi e sulla materialità degli stessi, possa resistere senza scomparire o senza trasformarsi, per qualche centinaio di anni..in questi tempi velocissimi. Anche l'Impero romano durò qualche secolo e poi divenne il Sacro romano impero, feudo di un cristianesimo importato, dapprima perseguitato e poi assunto a religione di Stato, prima che le riforme degli ex Stati barbari lo frammentassero in numerose confessioni sotto l'egida del potere politico, a cui il soglio di Pietro si oppone nei termini di uno spiritualismo tanto politico quanto più impalpabile e, in certi frangenti efficace, pur senza divisioni militari a disposizione. C'è nell'affermazione di Kerry la presunzione, allora viva nella società americana ed oggi spenta, disvelata e ingrigita, di un'eticità superiore, intrisa di razzismo, alla cui atemporalità il Segretario fa appello per visitare il sacrario di uomini di ogni età, sesso e condizione, che furono bruciati e ridotti ad ombre, per trascinare i pochi superstiti in una condizione di leucemici, esauritisi fra sofferenze, stupore e tristezza. I due piloti che sganciarono le bombe e che non erano consapevoli di quanto trasportavano, divennero uno frate trappista e l'altro un suicida: Kerry non chiederà scusa neanche a loro. Il Giappone imperiale era l'equivalente asiatico del nazismo, ridusse in schiavitù i coreani e si rifaceva ad una cultura antica e tradizionale aliena dal moralismo capitalistico della già allora evoluta civiltà mercantile e perseguiva i suoi interessi in forme incompatibili con l'espansione commerciale degli Stati Uniti che pur non avevano ancora eletto quell'area a principale teatro delle loro incursioni finanziarie, contraddetti e messi all'angolo, prima dalla resistenza vietnamita e poi dalla preminenza "liquida" dei cinesi che non hanno abdicato al loro regime come hanno dovuto fare i russi. Ma su Mosca non fu sparata nessuna bomba atomica e, volenti o nolenti, gli americani dovettero ingaggiare una corsa da blocchi di partenza opposti, con i sovietici che, nella sconfitta del nazismo ebbero un ruolo più fisico, meno "aereo", con trenta milioni di morti e una controffensiva di terra che ampliò per settant'anni il loro impero territoriale, nel quale oggi si sonmo rinchiusi non volendo - giustamente, date le premesse eltsiniane - farsi rimescolare nel calderone del "mercato" eterodiretto. Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaky contenevano e non solo in nuce, gli elemneti storici dei nord americani: il razzismo e la prepotenza economica, celati dietro il paravento dei principi, all'etica subordinata del capitalismo. Per questo Kerry non può chiedere scusa ed è in fondo meglio che non lo faccia. Potrebbe risparmiarsi anche la visita turistica al Memoriale e, in questo senso, suonano veritiere le parole del vecchio Fidel Castro che non ha dimenticato la storia recente che lo ha riguardato

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