venerdì 29 aprile 2016

Ce n'est qu'un début, continuons le combat!

Da quattro giorni la Francia conosce una mobilitazione intercategoriale e dal basso che non si vedeva dal maggio del 1968. La "loi travail" del peggiore e più buffo esponente del socialismo da un secolo a questa parte, è rifiutata dai lavoratori e osteggiata dalle aziende che la ritengono scarsamente garante dei loro conti. Il completo demando alla speculazione, fine a se stessa, del padronato, è contraddetta in ambito sociale e, come sempre nelle manifestazioni pubbliche più importanti, in ambito culturale. I maggiori teatri sono chiusi e le rappresentazioni annullate. Da noi non farebbe un baffo a nessuno ma, per la "civilisation francaise" la delegittimazione è senza compromessi e l'azione dei Maître à penser, le cui espressioni più significative sono beneauguranti, ogni mattina, sui cartelli a led, anche dei borghi più sperduti, accompagnano il movimento, che è politico, ma non organizzato. La polizia, forte anche delle leggi emergenziali per gli attentati, manganella a tutto spiano a difesa dello smantellamento dei diritti e delle conquiste sociali, da quella sbirraglia che è e che di tanto in tanto, torna ad essere. Il Maggio francese contagiò tutta l'europa, assumendo su di sé il processo di modernizzazione delle società borghesi; oggi che il lavoro sta ridiventando una schiavitù a chiamata dissimulata, è da quella trincea culturale e fattiva che - spero - cominci la reazione. Perché abbia successo è indispensabile che se ne facciano carico le avanguardie studentesche, anche e soprattutto in Germania e negli altri piccoli Paesi dell'europa centro settentrionale. Un atteggiamento consimile dei soli partiti, sindacati e dei lavoratori stessi, privi di una cornice di diffusione della chiamata alla rivolta, non sortirebbe nessun effetto, come sarebbe inutile e captivamente strumentale, limitarsi ad una rivendicazione senza interlocutori. Non ho la minima idea se si stia trattando di questo, ma me lo auguro perché lo ritengo necessario.

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