venerdì 29 aprile 2016

A che servono ancora gli Stati nazionali?

In una parte collegata del mondo, una grande parte, ma non la maggior parte, gli scontri fa lo Stato in divisa ed i manifestanti disorganizzati aumentano, anche se sono trattati come eventi minori dai media. Oggi è toccato agli studenti di Pisa e ai negri degli Stati meridionali statunitensi che denunciano il razzismo imperituro. In Francia siamo al quinto giorno di chiusira dei servizi e delle residue attività produttive. Ad Aleppo, in Siria, si è voluto distruggere un altro ospedale eretto e gestito dai medici senza frontiere, mentre gli staterelli nazionali si barricano dentro i loro confini per impedire che centinaia di migliaia di profughi sostino "sine die" sul loro angusto territorio, popolato per la maggior parte da persone anziane. Vengono eletti, all'uopo, governi e governicchi di estrema destra, mentre il populismo fascista prende piede in aree sempre più significative e prossime. Il pampa-Papa ha dato disposizione al Vescovo altoatesino di violare la legge e favorire il transito e il nascondimento di chi fugge, ma l'episcopato polacco ha negoziato con il partito ultraconservatore l'emanazione della legge più reazionaria, in europa, sull'aborto. Per fortuna la reazione popolare a questa deriva, al di fuori dei partiti, tutti coinvolti e complici nella gestione del regresso civile, si sta manifestando. I contrappesi chiari sono necessari, purtroppo sono ancora evanescenti, esprimono solo il rifiuto di un'abdicazione ingiustificabile alla civiltà ed alla coesione, pur rispettosa delle differenti opinioni e sensibilità. Sta prevalendo una società di contabili che non può comprendere, al di fuori di meri calcoli, anche percentuali, di convenienza, i contenuti del costume storicamnete evolutivo ed i valori, che paiono superflui, dell'umanesimo culturale, fino a che la stenosi ragionieristica non dimostra i suoi effetti. Come sempre, la reazione, che si incrementa, è tardiva. D'altra parte, altrimenti, non sarebbe compresa. Il Vescovo di Bologna sarà sul palco del Primo Maggio. Nulla in contrario, anche perchè io non vi sarò sotto, ma, come già a Bolzano, anche altrove la Chiesa non demorde dal far politica, ora collateralmente ai regimi dinastici, poi a quelli fascisti e reazionari e poi a quelli populisti, ma solo quando non esiste più un collante laico per i lavoratori ( altrimenti si schiera - eccome - contro la sinistra ), quando le loro organizzazioni di rappresentanza sono svilite e insignificanti. Come già detto, in Polonia la versione reazionaria della Chiesa risalta di luce propria nazionalistica, frammentando l'interpretazione del ruolo politico dell'Istituzione in mille rivoli opportunistici, non dissimili dal nazionalismo religioso apportato dalla Riforma. Tutte queste incongruenze sono collegate dalla gravitazione verso l'euro, anche di chi non l'ha ancora adottato e, proprio per questo, coniuga la realtà in forme domestiche minori. Minori, ma inquietanti. E' come se il revanscismo immemore di tante disgrazie del passato recentissimo si risfogasse inalterato, privo, per fortuna, della possibilità di imporsi e di nominarsi un capro espiatorio, mentre, sul versante opposto, la lagnanza dolorosa e pubblica per una condizione di rapida decadenza non trova, se non in Francia e vedremo eventualmente fino a quando, una sua collocazione culturale. Saprà, sempre eventualmente, questa europa così antropologicamente diversa raccoglierla? Qual'è la funzione degli Stati nazionali in un contesto di incomunicabilità? Il mantenimento di un ordine censitario di conio originario, contraddicibile solo con una lotta diretta dalla cultura, senza la quale sarebbe un vano agitarsi.

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