martedì 29 gennaio 2013

Movimenti magmatici.

Il modello di governo nelle regioni rosse è in crisi dalla dissoluzione del fronte comunista, dall'ibridazione della gioiosa macchina da guerra, dall'arroccarsi dei compagni duri e puri nella vecchia organizzazione d'apparato. Le indiscrezioni circa un costume flessibile e più disinvolto dei "revisionisti" - non ricordo neppure più come si chiamavano all'origine - sanzionavano i "mazzettari" esclusivamente fra questi ultimi. I vecchi compagni di Rifondazione comunista, oggi trasformatasi in Rivoluzione civile, asserivano, però: anche noi rubavamo in forme occulte e Primo Greganti non parlerà, neppure sotto tortura, perché così sono stati allevati i nostri Quadri, in particolare quelli nelle posizioni più delicate. Chi me lo ha detto? Un vecchio e caro sindacalista della Cgil, osservante di una prassi che sentiva violata e desideroso di confidarsi. D'altra parte, che pensare di fronte a una minaccia di sbranamento? A suo tempo, D'Alema, ma anche Occhetto, minacciavano querele ad ogni refolo di vento. Non voglio credere all'influenza giudiziaria sulle competizioni elettorali, ma questa rivelazione renderà ancora più incerto il risultato delle urne. Il bipolarismo italiano sembra sistematicamente risospinto verso un centro asociale e clientelare e la prospettiva di un rapido ritorno al voto, dopo aver negoziato il Presidente della Repubblica acconcio e qualche altro pateracchio, da ridiscutere, si fa, fin d'ora, molto concreta, senza contare gli effetti dell'ingerenza pesante e dissimulata della Ue, e della Germania in particolare, nelle nostre vicende nazionali. La democrazia, se non la si riduce allo stupidario e al consumismo discount, è monca. Il default del Monte dei Paschi di Siena, nasce dallla combinazione, quanto elettorale e quanto effettivamente politica, non saprei, della componente già comunista che del Monte era l'effettivo Consiglio di amministrazione, nelle vesti della Fondazione comunale e provinciale e i democristiani di sinistra, tutti moralità e clientele, concentrati nella Banca Antonveneta. Ricordo di quando, nella Sede unica della Banca Antoniana di Padova, arbitrai un incontro eliminatorio di ping pong fra i colleghi patavini e altri bancari concorrenti. Era un sabato e doveva essere il 1981. Arbitrai anche le finali, a Senigallia, fino alla semifinale. La finale fu vinta dalla Direzione centrale del Banco di Roma, che schierava dei professionisti, parcheggiati in esornativi locali di via del Corso, così come aveva il campione nazionale di pugilato, Patrizio Oliva, in portineria, a Napoli e calciatori di serie B e C, che col posto in banca avevano favorito la conquista di tre campionati interbancari e avevano personalmente accusato un tracollo economico. Bei tempi di baldoria...qualcuno ricorderà la vittoria nella Coppa dei campioni di basket del Banco di Roma, che i romani inneggiavano omettendo la banca. Oggi, al centro sportivo di Trigoria, dove il "libero" della Roma, tale Losi di cui non ricordo il nome proprio, allenava la nostra squadra di pallone, militante in serie D e dove , per anni si è allenata la Nazionale, c'è il centro per massaggi frequentato, nelle intercettazioni, da Bertolaso, quello della protezione civile. Nei sali e scendi dell'economia, l'importante è navigare sugli eventi e, potendo, sterzare per tempo. Chi si identifica sul serio, con un obiettivo retorico, è un burattino, in ogni ambito. Le ripetute fusioni del Banco di Roma, pilotate verso un approdo da Mediobanca meridionale da Cesare Geronzi, per conto di Andreotti, in procinto di essere inquisito per mafia, dalla cui trafila giudiziaria è uscito con ben altra maliziosa "espertise" del "ragiunat" di Arcore, deviarono verso altri strani lidi, con l'aiuto del Presidente del Consiglio Dalema, che non si interruppe neppure quando non lo fu più. Geronzi lo rivela in "Confiteor"; non lo avrebbe fatto se fosse stato ostativo ad un suo recondito interesse, o al di fuori della sua sapiente tessitura, che comprende tutto lo spettro politico. Ebbene, l'improvvida acquisizione della Banca Antonveneta e le mazzette che certamente remunerarono la sperimentata confraternita dei favori e dell'arricchimento privato con i soldi delle comunità nazionali o locali, costituì il matrimonio fra la bottega cattolica - anzi, di una catena dell'emporio confessionale - con la Chiesa rossa riformata e sbiadita, subordinatasi ai mediocri poteri domestici. Temo che anche l'Unipol di Consorte non sia stata estranea alla partita. Domani, non appena, sotto le mentite spoglie dei (Tre)Monti-bond, la più antica Banca d'Italia, di solo un anno più antica del fu Credito romagnolo, sarà nazionalizzata, in spregio a tutte le ipocrisie da purezza mercatoria, per quei dipendenti, le condizioni, già più che buone, diventeranno ottime, come per chiunque lavori protetto dai più che garantisti regolamenti statali. Sarà interessante investigare se, in un eventuale Governo di Centro-Sinistra, l'indiscutibile alambicco dei flussi di denaro assumerà le vesti paludate del "superiore" interesse pubblico e continuerà, per questa via, ad alimentare una delle due principali correnti della politica italiana. La destra, infatti, ha altre e ben più pingui fonti di reddito ed approdi bancari differenti. Dopo le dimissioni del "rosso" Mussari, incombe la nomina, ai vertici dell'A.B.I., di Antonio Patuelli, Massone di provincia, già deputato liberale e noiosissimo notista del Resto del Carlino,Presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna, quindi, come già Malgodi, che fu Funzionario della Banca d'Italia ( il luogo più comodo dove svernare, quando il clima è tempestoso, diceva. Infatti era il periodo bellico e resistenziale ) a salvaguardia, in questa Babele finanziaria, degli interessi di nicchia e localistici. Credem'a me.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti