sabato 5 gennaio 2013

Origini confuse e identità mascoste.

Dal 1900 al 1921, la finanza italiana fu saldamente in mano agli agrari. Le politiche compromissorie ed inclusive di Bonomi, Nitti e Giolitti, del tutto speculari a quelle in corso, secondo me, che volevano anticipare il fascismo per sterilizzarlo ed inglobarlo, con l'esito che sappiamo, trascurarono la possibilità di legare lo sviluppo nazionale alle potenzialità dell'industria, perchè troppo localistica e minoritaria e, dopo aver tentato maldestramente di affiancare l'aristocrazia rurale del sud, in mano a possidenti e latifondisti, dei quali i mafiosi erano la guardia bianca, a formazioni di industriali settentrionali disposti a far da sponda politica al progetto, frullarono, per esserne infine frullati, il fascismo in gestazione, consentendogli di sedimentare gli interessi degli agrari e delle loro banche e di raggruppare e coagulare, in gran parte, quelli del capitale industriale frammentato del nord, con l'eccezione della grande industria, sotto l'egida della Comit di Raffaele Mattioli ( esclusa, invece, la FIAT, sempre pronta ad adeguarsi, nel suo interesse ). La ricchezza finanziaria dei grandi proprietari terrieri era legata alla spremitura indiscriminata dei suoi primitivi braccianti, in gran parte, analfabeti e dediti ad un lavoro senza pause, prolifici e in grado di fornire sempre nuove braccia al declinare delle loro forze , autentici proletari. Le plebi rurali erano sfruttate ma anche epidermicamente temute dai signori di campagna, molto di più delle maestranze industriali delle città del nord, dove gli operai, spesso orgogliosi delle loro competenze, come se fossero stati ancora dei liberi artigiani, pur essendo costantemente impegnati in rivendicazioni per il pane, non in senso metaforico, erano in condizione di mandare avanti le fabbriche e di manutenerne i macchinari, anche quando le occupavano, condividendo, quindi, con il proprietario, almeno lo spirito di conservazione dei "loro" strumenti. Non sentendo pienamente solidali i padroni, dei quali i fascisti si erano fatti garanti, le squadracce devastarono alcune fabbriche e ne occuparono gli ambiti, anticipando brevemente e vandalisticamente le settimane rosse che tanto avrebbero intimidito i proprietari, dal '20 al '22. Nelle campagne, la Chiesa ( a sua volta, organizzazione privata, o non? ) e le sue formazioni sindacali popolari facevano opera di appiattimento rivendicativo, sollecitavano la collaborazione delle associazioni confessionali, all'interno delle quali e per loro intercessione, qualche d'uno riusciva a trovare un lavoro, a studiare, in seminario e non, secondo opportunità. Nelle regioni agricole, Emilia-Romagna, Veneto e Campania, prevalentemente, i parroci cogestivano le riunioni dei proprietari e delle maestranze, negli stessi locali, appoggiandosi, in Campania, alla borbonica clientela affidataria, nel Veneto, riuscendo a monopolizzare l'assistenza, non solo spirituale, con la conservazione degli assetti proprietari, tanto che, anche in tempi recenti, talune province di quella regione venivano soprannominate "la sacrestia d'Italia", appoggiandosi, invece, in Emilia-Romagna alle formazioni armate private dei latifondisti, destinate a confluire nelle squadre d'azione fasciste. Fu per intercessione degli agrari, delle loro banche e del loro quotidiano, il Resto del Carlino, che Mussolini ottenne cospicui finanziamenti dall'ambasciatore di Francia in Italia e fu spalleggiato dal prevalente potere bancario, dagli agrari stessi e da buona parte degli industriali dediti alla trasformazione dei prodotti agricoli. Il Resto del Carlino fu la punta di diamante della reazione propagandistica, nella sua fase iniziale. E' in quegli anni che, nelle provincie granarie, furono fondate Banche agricole, agrarie, per l'agricoltura delle quali furono fondatori e clienti gli agrari di ciascuna zona e i cui discendenti sono stati, o sono tutt'ora, clienti, azionisti e affidatari del loro processo evolutivo e, soprattutto, reddituari, artefici e destinatari degli investimenti finanziari che le ermetiche, prudentissime ed involute, eppur ricche cassaforti provinciali, producevano e, in rari casi, tutt'ora producono, con atteggiamento autoreferenziale e talmente discreto, da apparire omertoso. Tanto gelose del proprio Cerchio magico, quanto invadenti e preveggenti, in ogni ambito, anche il più privato, della vita dei loro soci-clienti e dei propri lavoranti. Lavorando con l'impresa privata e per l'impresa privata, non potevano che riferirsi ai proprietari terrieri e alle attività commerciali, proteggendo le loro incursioni negli ambiti allargati della finanza attraverso probabili vincoli massonici che soli potevano garantire la omogeneità dei comportamenti, il controllo fraterno delle movimentazioni, il confluire verso obiettivi di loggia. Molte banche emiliane, le ultime delle quali sono scomparse per acquisizione o infusione, con entità creditizie più chimicamente composite, appena trent'anni fa, erano tenute insieme proprio da vincoli massonici, amministrate dalle camere tecniche professionali ed economiche e trovavano composizione delle controversie non nel confronto dei Consigli di amministrazione o nelle aule giudiziarie, ma nelle mediazioni-imposizioni del Maestro venerabile di questa o di quella cupola, secondo un costume identico a quello delle mafie, che come è ormai noto, si sviluppano su diversi livelli, pur nel riferimento a specifici interessi. Il fascismo che, di lì a poco, cioè un anno dopo, quando gli equilibri finanziari rischiavano di saltare per l'evoluzione disordinata della società economica nazionale e l'influenza, anche politica e governativa, degli equilibri internazionali più vicini, vale a dire limitrofi e continentali, si affermò, con l'inganno e la studiata prevaricazione, ma anche con innegabili successi elettorali, frutto dell'identificazione della piccola borghesia degli impieghi e degli apparentamenti, con l'ideologia capitalistica, solo per il timore, fondato, di sprofondare nella temuta ( in termini di condizione, più che di classe sociale ) sempre più vasta povertà, anche se le condizioni materiali di questi piccoli borghesi non erano tanto lontane da quelle del proletariato, ma se ne differenziavano sul piano delle aspirazioni, fondate o retoriche, riversate sui propri figli e da un po' di istruzione conformistica, venne a rappresentare e solo a rappresentare - ma si sa, l'importante è esser convinti - un'organizzazione nazionale di massa dei ceti medi, della mediocrità quindi, la cui ideologia di riporto assunse la direzione, almeno parolaia, del Paese. Si verificò il fenomeno dell'integrazione fra i diversi gruppi borghesi nel capitale finanziario, nel quale il ruolo degli agrari nell'organizzazione bancaria dell'Italia era predominante e che conobbe l'istituzionalizzazione del potere, spesso nobiliare, laico o religioso, degli agrari medesimi, con la creazione della Banca nazionale dell'Agricoltura. Il precipitato sindacale istituzionale del corporativismo ne costituì la stabilizzazione e consentì che l'elemento "piano di produzione" - oggi si direbbe piano budget - accentuasse l'elemento della "socializzazione" dell'obiettivo e della cooperazione all'obiettivo, senza intaccare l'appropriazione individuale o di gruppo ristretto del profitto. I componenti di quella realtà sono ancora presenti nella società italiana, pur essendosi travisati diverse volte, dal secondo dopo guerra ai giorni nostri, così come si erano travisati ripetutamente dopo la fine dell'olocausto della prima guerra mondiale, a prezzo, quindi, di un'altra guerra e della persecuzione di un'etnia, assunta a capro espiatorio. Ma quel mondo, reale, non è mai morto. Nuovi soggetti reali, ma anche e molto culturali, si sono sovrapposti, ma non hanno mai assunto il potere e sono stati ricacciati in un limbo trasformistico che rende claudicante il loro cammino. E oggi, come allora, la mascheratura responsabile sottende a non confessati interessi e prelude a lotte di potere e di (ri)appropiazione, mentre ogni velleità, nel senso appena descritto, sembra basarsi ancora di più sul sentimento, non nobile, profondo della piccola borghesia, di nuovo in crisi d'identità, sulla quale rifondare la gerarchia e il ben pensare. Un modello embrionale, nel quale le corporazioni particolaristiche sopravviveranno sotto il controllo di un'élite sovranazionale, trasfigurazione sostitutiva dell'idea religiosa, poco fa appannaggio della nazione e domani attributo di un'altra inventata Entità sovranazionale, superiore, Europea, ecc.

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