sabato 10 maggio 2014

Ci risiamo, noi europei. La competitività finanziaria apporta rovine e lutti.

Nelle zone orientali d'Europa sono di nuovo in corso battaglie intestine che rischiano di sfociare in conflitti più vasti oppure endemici. Dalla fine del comunismo, segnata, secondo alcuni, dalla "troppa" libertà improvvisamente sancita da Gorbaciov, in un contesto troppo frammentato che solo la dittatura totalitaria era riuscita a tenere insieme, la lotta, a sfondo nazionalistico, degli ex apparati sono state fomentate dalle intriganti diplomazie occulte degli Stati Uniti e contrastati, in termini geostrategici, solo dalla riaggregata Russia putiniana. Dal 1991 non c'è stato un attimo di pace e di equilibrio - che fosse interno o infranazionale - e si sono consumati i misfatti più atroci dalla fine della seconda guerra mondiale. Si sono verificati e si verificano in Europa, in quella parte del mondo che si voleva pacificata e che si ritiene più evoluta rispetto alle altre esperienze storiche ( una presunzione ), ma terribilmente in contrasto con se stessa, di nuovo in preda ai revanscismi etnici, sui quali speculano i corrotti leader indigeni, burattini di manovratori fuori scena. Gli equilibri sortiti dalla seconda guerra mondiale sono in via di ridefinizione, sullo scacchiere mondiale, interessano anche realtà per l'innanzi non coinvolte, pure sul mosaico dell'Europa continentale. Insomma, si è messo in moto un meccanismo conflittuale di ridefinizione degli assetti di potere. Sta di fatto, che le artificiali federazioni astrattamente disegnate dopo dopo la fine dell'Unione Sovietica ( C.S.I. ), hanno lasciato il posto ad un mosaico disordinato ed instabile , nel quale anche i piccoli Paesi possono rivestire un'importanza "contenitiva" verso il continente che più li paventa: quello russo. La Russia, dopo essersi sborniata di democrazia importata, che l'aveva trattata come una rivale sconfitta, ha ritrovato con Putin e con i suoi metodi autoritari, una propria stabilità economica, basata sull'esportazione di risorse naturali insieme ad un ben organizzato riarmo che, per poter continuare, ha bisogno di rapporti commerciali e geo-politici costanti. Tutto il contrario di ciò che cercano di procurarle gli Stati Uniti, contraddetti o assecondati dalle potenze europee minori, secondo l'incrocio, il peso ed il dosaggio dei rispettivi interessi con la Russia. Tutti e ciascuno sarebbero pronti ad approffittare di un momento di difficoltà di Vladimir Putin, per defenestrarlo e sostituirlo con una figura o con una serie di figure più malleabili. Difendendo se stesso, Putin difende ed avvalora un'immagine a sua volta pretestuosa ( non è la sincerità che conta in politica ) di una nuova Russia, in grado di riprendere il suo ruolo storico di Impero continentale ed autarchico, in condizione di difendersi contro le ingerenze esterne. Ha ristabilito, a scopo identificativo, una rinnovata alleanza fra il trono e l'altare con la Chiesa di Stato ortodossa, altrettanto sospettosa delle brame occidentali e dei suoi "abbracci" religiosi.La Russia, dilaniata dalla miseria e dal disordine, non poté nulla contro il tardivo - per la popolazione, ma non è lei che conta - attacco NATO alla Serbia, ormai vincitrice del conflitto balcanico, ma ha da tempo dimostrato di saper reagire prontamente alle insidie che le vengono apportate, ai suoi confini, da potenze ostili, in cerca di influenza ed espansione, mentre i Russi, alla fin-fine, hanno sempre combattuto per la loro esclusiva identità, ben supportata dalla sua espansione territoriale, che per questa via è riuscita a mettere al sicuro dai tanti particolarismi etnici che contiene. Invece, ai suoi confini, dalla fine della guerra fredda, è stato tutto un susseguirsi di contese sanguinosissime, il cui apogeo è stato toccato dalla barbara - su ambo i fronti - guerra cecena. L'ostilità delle potenze allogene, non è rivolta ad un indeterminato "spirito russo", verso il quale non hanno rispetto perché non ne hanno conoscenza e del quale non si curano le aspirazioni di dominio finanziario e commerciale che le animano ( per la rinata Germania i cui abitanti - come i Russi in gran parte dell'Ex Unione Sovietica - sono sparpagliati in molti Paesi dell'ex U.R.S.S., ci sono di nuovo obiettivi espansionistici, che la tempesta sabbiosa dell'economia finanziaria le permetterebbe di mascherare ) ma a una nazione di nuovo in sella e desiderosa di impedire interferenza all'interno del suo fortilizio imperiale, in grado cioè di rivoltare, riesportare sui Paesi-strumento, le difficoltà e la maggior parte dei lutti che codesti, ai loro vertici governativi e d'interessi settari, si prestano, ripetutamente, ad apportarle. Domani, in Ucraina, c'è un referendum sull'appartenenza e il 25 Maggio, in concomnitanza con le elezione nell'Europa dell'euro, le loro politiche nazionali, che probabilmente sanciranno la spaccatura fra i filo-russi e i "rivoluzionari" di piazza Maidan. Elezioni frettolosamente indette, di una nazione e di un popolo che tende rapidamente a disgregarsi, sotto la sferza delle mene occidentali, a differenza della nazione russa, che si rafforza, invece, nella sua autarchica autonomia.

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