sabato 31 maggio 2014

La vita è altrove.

Proprio in queto momento, i primi gruppi di manifestanti anti Erdogan, si stanno spostando verso Gezi Park, all'interno di quella Piazza Taksim, dove doveva sorgere un supermarket, che ancora non c'è e dove numerosi giovani civili ed evoluti contestarono la resistibile ascesa del Primo Ministro, ora in procinto di diventare Presidente. Per ottenere questo risultato, Erdogan si è appoggiato alla Turchia profonda e islamica, quella che non ha mai compreso la laicizzazione forzosa di Kemal Atatutrk e l'ha anzi vissuta come un'ususrpazione da ignorare, ristabilendo i vetusti costumi patriarcali fra le mura domestiche. Quella di Ataturk fu, indubbiamente, una violenta imposizione: strappò il velo alle donne e fece rotolare al suolo il fez degli uomini. Ma la società turca, almeno nelle aree metropolitane e segnatamente nell'affascinante Istanbul, si è evoluta verso una cultura ed un costume liberale che i giovani più istruiti non vogliono vedersi negare per le ambizioni crescenti di un politico. Qua e là, in giro per il mondo, le schiere, neppur tanto minute, delle élites culturali formatesi negli ultimi decenni, stanno lottando per una società più libera ed evoluta, in Paesi di antico autoritarismo, nei quali le masse non rappresentano certo una possibilità di evoluzione. A Theran, come a Istanbul, queste minoranze borghesi e acculturate, si battono per prospettive che non siano solo ottanta euro in busta paga o per vanagloria rappresentativa e sono, in questa fase mediocre della storia contemporanea, gli unici a farlo. Il regrediente mondo occidentale, invece, strangolato dal debito con il quale vampirizza altri continenti, facendo precipitare il tenore di vita dei suoi cittadini, non più in grado di produrre a pressi concorrenziali, reclina sui cascami di un materialismo insoddisfatto e su un positivismo da ragionieri. La spiritualità del mondo, propellente delle azioni, non alimenta più i nostri scarburati motori.

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