sabato 3 maggio 2014

Terapie affaristiche.

Sedici anni fa l'Italia sembrava quasi arrivata a scoprire il vaccino anti Aids. Almeno stando ai titoli dei giornali di allora, che annunciavano l'avvio della sperimentazione di un antidoto alla "malattia del secolo", ( anche se nel mondo si muore per tumori dal Paleolitico ) che ancora oggi colpisce 35,3 milioni di persone (in Italia 94.146). Che fine ha fatto questo vaccino made in Italy? Secondo una stima del mensile Altreconomia , che ha condotto un'inchiesta sulla vicenda pubblicata sul numero di maggio, sono stati spesi finora 49 milioni di euro di soldi pubblici. E di risultati se ne sono visti ben pochi. Con un epilogo che non è proprio esaltante: quel poco che si è scoperto è ora in mano a privati . Nel 1998 Barbara Ensoli , direttore del Centro nazionale Aids in seno all'Istituto superiore di sanità (Iss), annuncia che il suo team di ricerca punterà tutto su una proteina virale, la Tat, grazie alla quale potranno ottenere un vaccino sia preventivo che terapeutico. Insomma un vaccino che impedisce ai sani di ammalarsi e guarisce chi ha già l'aids. La sperimentazione non dà i frutti sperati. "Il cosiddetto vaccino terapeutico - scrive Duccio Facchini su Altreconomia - è entrato nella seconda fase di sperimentazione in Sudafrica ed è attualmente in corso. Quello preventivo si è bloccato il 24 marzo 2014". Il vaccino terapeutico, però, ora non è più in mano all'Istituto superiore di sanità : il brevetto è stato infatti ceduto alla Vaxxit srl, con un capitale sociale pari a 10mila euro per il 70% appartenente alla stessa Barbara Ensoli. "Concedere la licenza esclusiva di un brevetto senza trasparenza su quanto finora si è dichiarato di aver raggiunto sembra più simile ad un'abdicazione degli interessi collettivi e a una svendita del patrimonio di ricerca pubblica ", dichiara ad Altreconomia Gianni Tognoni, direttore scientifico del centro di ricerche farmacologiche e biomediche della Fondazione Mario Negri Sud. Insomma, la brillante ricercatrice è riuscita ad intestarsi il brevetto del farmaco sperimentale che nella sua forma preventiva e, quindi, poco lucrosa, non si somministra più nelle zone e fra le persone a rischio, né si sperimenta negli ospedali. Perché lo ha fatto è evidente, come ha fatto resta opaco, pur essendo debitrice allo Stato di attenzione e cospicui finanziamenti. Dall'inchiesta di Altreconomia emerge che la storia del vaccino anti Aids made in Italy è costellata dalla mancanza di trasparenza , di annunci esaltanti di risultati mai arrivati e con il dubbio di un conflitto di interesse in testa a chi finora ha condotto la ricerca pubblica e ora si accinge a guidare quella privata. Barbara Ensoli è stata interpellata dal mensile autore dell'inchiesta, ma non ha voluto replicare.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti