martedì 6 maggio 2014

Infima mediocritas.

Comincia la delegittimazione di Beppe Grillo ad opera della sinistra moralista. E' sempre stato il suo difetto e, in questo, non è dissimile dal bacchettonismo più vieto, ben presente e radicato nella sua base. I Patti lateranensi nella Costituzione, i mille rinvii nell'appoggiare le diverse proposte di legge sul divorzio, che non videro la luce fino agli anni '70, quando il PCI si convinse, non senza forti resistenze, a votare la proposta di legge Fortuna/Baslini e a sostenerla nel referendum successivo. Precipitato di questa ossequienza verso il sentimento popolare allignante anche fra i mangiapreti, fu la relazione, a lungo clandestina, fra Palmiro Togliatti e Nildi Iotti e l'aborto a cui fu costretta per non scandalizzare la base. Per Berlusconi sono riusciti a riesumare l'arto mediano dell'inguine, da tutti dato per morto, ma resuscitato per l'occasione. L'eterno ritornello: "chi paga, chi paga?", unito ad ogni sorta di ipocrita virtuosità, che consenta ogni giravolta, anche palesemente contraddittoria, nell'esibizione della pubblica virtù, li rende ancor oggi depositari di quella doppia morale che alligna in tutte le entità fini a se stesse, siano una setta, una religione monoteistica o questo residuo culturale del comunismo. Genny 'a carogna, o come diavolo si chiama, è stato interlocutore delle istituzioni prefettizie e di polizia, altro che storie. La sfacciata negazione postuma non può non richiamare l'altrettanto falsa negazione dei rapporti storici fra lo Stato italiane e le mafie, fra il potere legale e i poteri reali. Non si volle trattare con le Brigate rosse, che pure avevano acquisito un potere di fatto, riconosciuto anche dalla dottrina del diritto internazionale, preferendo farle spegnere dall'azione coordinata e potente del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che fu poi fatto eliminare dalla Mafia, con la quale non si è mai smesso di collaborare, ricambiati, attraverso deputati e senatori, ministri assessori e consiglieri regionali e sindaci. E' invalso ed accettato, nel linguaggio delle telecronache sportive popolari, un linguaggio violentemente conformistico che riecheggia gli slogans della società agonistica. Espressioni come "aggredire, far male" infarciscono le spesso verbose, approssimative e "riguardose" ( verso la società con il maggior numero di abbonati...a Sky )telecronache, con qualche divagazione-comparazione sui ritmi, con i quali " non si può stare in europa", quasi auspicando una politica di austerità cinetica e gladiatoria. Come se non bastasse a diseducare tante persone che arricchiscono in questi termini il loro stentato o adolescenziale vocabolario, nelle interviste, espressioni come "incalzare, attaccare al muro, buttar fuori squadra, esonerare" ( che delicatezza!), scandiscono la vita narrata degli epici manipoli. Ci si turba e ci si scandalizza, però, se le curve aggrediscono verbalmente giocatori, società, arbitri e se spesso dimostrano di possedere una facoltà di intimidazione, in grado di far loro trovare degli interlocutori nelle istituzioni e di determinare l'effettuazione o meno degli eventi, spesso preceduti o seguiti da assurdi episodi di sangue. Che c'entra tutto questo con lo spirito sportivo? Tanto quanto c'entra il lassismo che si manifesta non appena un risultato è aritmeticamente acquisito o sfumato, senza assicurare una pari costanza d'impegno nella conduzione di un campionato che coinvolge e determina anche risultati o dissesti economici per le altre società. Assolutamente niente; interessano solo i propri minuti interessi e non è neppure escluso che mirabolanti risultati siano il frutto di arrotondamenti, tramite puntate su ruote non ufficiali, o di calcoli sulla spartibilità dei contributi previsti in caso di retrocessione o di futuri scambi di mercato. I capi-manipolo, spesso pregiudicati o affiliati a noti clan mafiosi o camorristici, sono estranei a questi interesi? Non hanno rapporti con le società? D'altra parte, quando Piero Fassino, sindaco di Torino, replica ai suoi concittadini contestatori con il dito medio, in che cosa si differenzia da Gennaro daspo carogna? Resta il fatto incontrovertibile che tutti i network mercantili parlano lo stesso linguaggio e non si limitano più ad una luccicante emagnificente propaganda, ma spalano ormai sangue e merda, assecondano la violenza competitiva "necessaria". Come Gennaro la carogna.

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