venerdì 9 maggio 2014

La nave ha rotto gli ormeggi e la bussola non funziona.

Il congresso nazionale della CGIL è durato due giorni. I partecipanti si confrontavano su tre tesi contrapposte: la prima, di maggioranza, ha raccolto l'80% dei consensi e rieletto Susanna Camusso ai vertici del sindacato. Al precedente congresso aveva ottenuto il 97%. Il 14% è andato a Maurizio Landini, leader della FIOM che, del mitico movimento dei meccanici, conserva la memoria, ma non la base, ridotta ai minimi termini dalle delocalizzazioni, dalle chiusure e dalla massiccia cassa integrazione. Landini, da tempo, parla come un politico e da politico si comporta: è passato dalle dichiarazioni più alternative alla linea Camusso, all'accordo con Matteo Renzi. Frequenta intellettuali impomatati e incartapecoriti, ai quali offre ancora il viagra delle assemblee dei reduci ancor giovani delle officine, già estranei al mondo del lavoro. Al Congresso ha presentato una prolissa mozione che enumera le forzature e i trucchi nelle votazioni preparatorie dell'assise e ne amplifica la valenza. Solo su di un aspetto sono d'accordo con lui: la democrazia sostanziale è stata cassata e quella formale mistificata. Per il resto, niente di nuovo. La FIOM si conferma frangia "autonomista" della CGIL, ma non esce dall'apparato per prendere una chiara connotazione politica, che rischierebbe di frammentare ancora di più la già sfibrata tela della sinistra ex di classe. Un altro leader storico della FIOM, Giorgio cremaschi, ha raccattato l'altro 3%, rosicato alla Camusso. La sua tesi è per me condivisibile sotto molteplici punti di vista, non ultimo la chiara presa d'atto e di coscienza dell'immiserimento irrecupaerabile dei settori più poveri e precari della popolazione, che la CGIL non riesce più ad organizzare per farli sfuggire all'emarginazione ed alla violenza da slums. Ma il sindacato "possibile" della Camusso che, ai suoi tempi, fu espulsa proprio da Cremaschi dalla FIOM, sancisce il ribaltamento dei rapporti di forza nella società immateriale, clamorosamente riflessisi anche all'interno del grande sindacato operaio..oggi che gli operai non ci sono più. La natura liquida della CGIL è attestata anche dai numerosi salti della quaglia che sono avvenuti al suo interno, prodotti dal passaggio meticcio in maggioranza di vasti e ramificati strati della sue rappresentanze di base che, se per vent'anni avevano agitato una opposizione da conferenzieri, che era valsa loro la rielezione in qualche direttivo, al momento della "scelta" erano rifluiti in maggioranza "per non perdere la priorità acquisita" con posizioni completamente difformi. Insomma, il solito trasformismo di sopravvivenza, in attesa che la ruota, girando, riproponga scenari più propizi al loro spirito represso. Quando avverrà, saranno anche sindacalmente in pensione o fra i commemorati, mentre l'attualità si adatta duttile nelle loro mani, come in quelle della maggioranza, per poter continuare a rappresentare lo "spirito" del lavoro, accademicamente, anche quindi in assenza del medesimo, nel ricordo di ciò che fu e nella preconizzazione di ciò che potrebbe essere. La strada sindacale è purtroppo irrimediabilmente compromessa ed il superamento della rappresentanza vecchia maniera, verso una necessaria riappropriazione della propria reltà empirica e fattuale, è già insidiosamente, per chi ne è protagonista, in corso, mentre i sindacati che furono riempiono il vuoto parlandosi addosso.

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