venerdì 14 novembre 2014

Speriamo che sia solo l'inizio.

Sono andate alla grande le manifestazioni della CGIL, finalmente in corteo con i Cobas e la USB - Unione sindacale di base -spero che non si fermino perché la paralizzata dialettica democratica ha bisogno di riprendere il suo cammino. Venticinque anni fa, in via Tibaldi, alla Bolognina, un frastornato Achille Occhetto trasformava con due parole - in realtà pronunciate il giorno dopo alla Direzione del fu P.C.I. - una storia dura, da me mai condivisa, ma di grande spessore politico, in un frettoloso conato del trasformismo nazionale. In via Tibaldi 17, c'era anche Mauro Zani, allora segretario della più grande ed eletta Federazione comunista dell'occidente, che, uscito dal PDS nel 2007, quando il morbido e sospirante Veltroni, amante dell'epica cinematografica, diventò Segretario dei DS..e via trasformando. Non è stato invitato alla commemorazione che si terrà il 29 Novembre, una settimana dopo le elezioni regionali straordinarie.“Che non mi abbiamo invitato da zero a cento, me ne frega meno venti”, spiega Mauro Zani: “con Veltroni sono diventati dei neodemocristiani, un partito moderato di centro. Mi chiedo che ci facciano lì dentro Civati e Cuperlo. E poi dicono che non vogliono ‘strumentalizzare’ il voto e ricordano la Bolognina 17 giorni dopo? Semmai non vogliono mostrare che vengono da lì, dalla svolta dell’89, sono ossessionati dal riformismo. Noi ci allontanammo dal comunismo, ma a loro oggi manca una cosa sola: la sinistra”. Sottoscrivo a due mani. Il partito partorito, in partenogenesi con la sinistra D.C., ha conosciuto da allora solo leader democristiani, tranne la breve e impotente parentesi di Bersani, osteggiato dal suo ex compagno di partito Napolitano, divenuto presidente di questa Repubblica, da lui, con indifferenza da vechio stalinista, ancora peggiorata. Renzie è solo l'ultimo anello dell'involuzione della specie e spero che più prima che poi i post comunisti - perchè di comunismo, per due generazioni non si potrà seriamente parlare - ritrovino la loro identità. Il P.C.I. ha rappresentato, per stato e condizione oggettiva, un forte argine democratico per tutta la prima Repubblica, mantenendo al suo interno e nel rapporto con gli occasionali alleati ( perché di volta in volta si affrancavano dalla sua stretta o, perché, spesso e volentieri, erano "altri" a influenzarci, estranei alla nostra dialettica politica, ma di essa condizionatori e interferenti, assecondati dalle loro "creature" )la sua vocazione e ricerca dell'egemonia. D'altra parte, i socialisti italiani, anche perchè condizionati dalla preponderanza dell'apparato comunista che non erano stati in grado di contrastare dopo la fondazione di Livorno del PCI e nonostante la prevalenza numerica che avevano conservato per molti anni, erosa e poi ribaltata dai fuoriusciti, era diventato un elemento di disunione della sinistra, strumentalizzato da Aldo Moro negli anni '60, che progettava in prospettiva, il compromesso storico con i comunisti. Moro fu ucciso in extremis da quei comunisti combattenti che non accettavano una svolta moderata, senza sapere che il comunismo aveva cominciato ad agonizzare. Se altri contributi ci siano stati, diretti o fomentatori, forse lo sapranno i posteri. Ma il risorgere delle radici fasciste della destra italiana, camuffate dai corporativi, interclassisti e clientelari democristiani, è talmente aggressivo, nelle recuperate forme istituzionali e governative e nelle sue espressioni squadristiche e di novello arditismo: Casa Pound e sigle consimili, rende necessario e improcrastinabile la ridiscesa sul terreno delle forze antagoniste, rafforzate dall'organizzazione e da una storia consolidata alle spalle. Spero che sia solo l'inizio.

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