lunedì 10 novembre 2014

La lotta che non si è mai combattuta.

Roberto Saviano ha ribadito che la lotta alla mafia, in Italia, non è una priorità. Poteva accorgersene prima di inaugurare la sua vita da scortato, blindato, in un'età ancora molto giovane. Saviano non ha parlato sociologicamente di camorra, nella fattispecie della sua esperienza, ma, con un linguaggio letterario ruvido e poco elegante, ha citato, per nome e cognome, i camorristi autori di:...e via snocciolando. Saviano, da ragazzo, non è stato estraneo all'iniziazione camorristica e ha mantenuto rapporti e contatti con i suoi coetanei, almeno fino alla pubblicazione di Gomorra. E' così che ha costretto uno Stato complice a interessarsi, con i soliti metodi legalistici e ammortizzanti, delle precise denunce. Per questo è stato minacciato da un avvocato dei boss in udienza, sotto metafora: solo oggi quell'avvocato è stato condannato. Se Saviano è riuscito a prendere una laurea in filosofia e ha letterariamente attaccato un mondo che aveva sfiorato poco più che bambino, per i "quaglioni" meno volonterosi o meno fortunati è diventato un traditore che "si è fatto una posizione", ma che invecchia senza poter aspirare ad una vita libera, protetto ma schiavo di una vendetta certa che matura nella diffusione e nella coesione culturale di un fenomeno, dal quale non si permette a chi vi è nato e ne ha fatto parte, sia pur per pochi anni, di evadere. O la morte o il carcere a vita. Saviano avrebbe dovuto sapere che la lotta alla mafia, in Italia non si conduce; si viene invece a patti con lei, in forme simboliche, implicite e anche dirette ed esplicite, purché nessuno sia in grado di intercettarle e di farle valere in giudizio. In giudizi per altro, di vecchi burocrati parrucconi, la cui giurisprudenza, un po' più aggressiva verso gli "uomini di panza" del crimine organizzato, sembra far parte di un combinato disposto, apparentemente più severo, ma nella sostanza manipolatorio e ammiccante. Rientrano in questa manfrina l'omicidio di Salvo Lima, a Palermo e tanti regolamenti di conti; sono stati mandati al macello, invece, inflessibili ma illusi esponenti dello Stato e delle istituzioni, uno Stato e delle istituzioni complici. La lotta alla mafia, impossibile al sud sul piano istituzionale, andrebbe condotta ovunque sul piano poliziesco: si può contenere e contrastare solo attraverso la dialettica delle indagini e delle armi, ma estinguerla è impossibile. Ma non si farà, per tutte le summenzionate ragioni e per la condizione di coloro chi si chiamano ancora tutori dell'ordine, di "padri di famiglia" panciuti, poco inclini, per prudenza e mentalità, al duro contrasto militare che lascerebbe anche qualcuno di loro ( come già accade, ma in quantità molto minore )sul terreno. La tutela dell'ordine è anche quella mafiosa.

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