domenica 23 novembre 2014

Feudalità.

Il figlio sedicenne di un boss palermitano, condannato per l'omicidio di don Puglisi, è stato escluso dalla cresima cerimoniale in cattedrale dal Vescovo del capoluogo siciliano. Il ragazzo, che dev'essere un po' tonto, se a sedici anni non era ancora stato ritenuto idoneo all'unzione sacramentale, è stato però umiliato dall'abiura, dall'esclusione ostentata. Dopo tanti inchini della madonna, portata in processione dai picciotti, ben noti ai parroci - non a tutti - e al clero delle province meridionali, dopo tanta acquiescenza delle gerarchie isolane, pubblicamente contraddetta solo in occasione di funerali di Stato e, infine, in questo caso, dopo le intimazioni e le scomuniche papali, restate, per altro allo stato verbale, all'enunciazione patriarcale, secondo una cultura arcaica ben comprensibile ai fedeli di quelle terre, ma mai tradottasi finora in una specifica "bolla". Si è trattato di un'umiliazione gratuita, rivolta ad un probabile mafioso a stretto giro di posta ( anzi, certo, perché dal vincolo di discendenza non ci si slaccia, neppure volendolo ). Perché fingere, dunque, una profilassi anti mafia, punendo il figlio per le colpe del padre? Fingere? Si, perché nel costume ecclesiastico, secondo i dettami del diritto canonico, non si negano i sacramenti ai discendenti dei peccatori - ma talvolta glieli si amministrano in spoglie canoniche - siano essi figli di coppie non sposate, siano essi figli di mafiosi. Come in altre pubbliche cerimonie, "politicamente" - volere o volare - utili a "riconoscersi e a far squadra", per usare un linguaggio che piace all'impresa, si scelgono, tempo per tempo, le figure mediocri e rassicuranti che fanno numero e gli elementi di spicco della comunità, variabilmente ostentabili, circostanzialmente sostituibili. In questo caso si tratta di un discendente dei Graviano, ostacolati da un prete nel quartiere dove esercitavano il loro dominio, con fin troppo vigore e prima che potesse venire richiamato gerarchicamente a più miti e realistici consigli. Quante volte è avvenuto? Dobbiamo credere che qualcosa di fondamentale sia cambiato? Smetteranno i sacerdoti di recare la comunione ai mafiosi latitanti? La mafia è "punibile" attraverso i suoi discendenti, solo quando uccide dei religiosi? Il papa stesso ha circoscritto la scomunica, non tanto e non solo agli atti di prevaricazione e violenza si cui si basa il dominio sociale degli "uomini d'onore", ma alla loro "adorazione del male, da cui origina l'idolatria del denaro". Se non si mette bene in chiaro che la "mafiosità" è all'origine e custodisce un collante sociale, diluendo il quale s'incorre nella morte e che è la causa di una filiera tradizionale ed interminabile di lutti e che la sua opera va valutata e perseguita in funzione dell'opposizione giuridica e sociale a tutte le sue manifestazioni, quotidiane e strategiche, a nulla varrà escludere i "cattivi" e i loro figli dai momenti di "conferma" di principi che trascendono la realtà. Ma, al di là di tutto, mi sembra che la Chiesa si acconci alla politica dell'ultimo Papa, che, per essere vincente, deve cogliere un mutamento profondo nei costumi delle società sottese. A Palermo, se questo avviene, è solo perché la mafia che conta ha ormai bypassato la gestione diretta dei rioni, come la ripresa impeturosa dei furti dei motorini - in altri momenti non consentita - sta lì a suggerire.

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