lunedì 1 dicembre 2014

Dinastie.

E' stata arrestata oggi, a Roma, tale Tamara, orfana del papà Massimo, ucciso da Gabriele, un esecutore di omicidi su commissione. Attualmente, la summenzionata Tamara non è più consorte di un talentuoso centrocampista che commemorò il suocero, quando fu ucciso e gli dedicò pure un goal, perchè "gli volevano bene tutti". Sta di fatto che il suocero era un pregiudicato, autore di numerose rapine a mano armata, anche se è raffigurato con il tight, mentre accompagna all'altare la figliola. La delfina è accusata di essere la mandante del sequestro e delle sevizie inflitte ad un imprenditore per estorcergli 200.000 euro e per rientrare in possesso di un capitale di 80.000 euro, più gli interessi, che aveva investito in una licenza per la vendita di impianti fotovoltaici, acquistata dall'imprenditore e in seguito abbandonata. Il centrocampista è un leader della squadra della subura romana fieramente contrapposta all'altra subura fascistoide dei quartieri alti. Ci sono quartieri di Roma lungo i muri dei quali si può leggere una diatriba incrociata politico-calcistica da far cadere le braccia. Il centrocampista, dall'epoca della perdita del suocero, si è separato dalla bella figlia del medesimo e non è quindi detto che ci abbia a che fare o che ce l'abbia avuto, ma la familiarità fra grezzi e gladiatori rappresentanti della pedatoria enfasi e la malavita è un fatto ricorrente. Anche la moglie o la ex moglie di una altra icona capitolina, era stata amante di Enrico ( Renatino )De Pedis, boss della Banda della Magliana. La contiguità fra i due mondi, antropologica, sociologica, sotto-culturale, ne viene riaffermata. Anche a Genova, dove giocava il nipote di un capo della n'drangheta calabrese, una quota della tifoseria dialogava solo con lui e intimidiva tutti gli altri componenti della squadra. L'abitudine consolidata degli ambienti calcistici a trafficare con i biscazzieri delle scommesse clandestine, interne ed internazionali, è una prova ulteriore e se ne trovano i riscontri, inalterati, per più di una generazione. Le denunce di Carlo Petrini in numerosi libri, le cronache occasionali che insinuano che certi infortuni, maturati durante le partite, non siano estranei a "punizioni" per denunce fatte, tramite la stampa, da parte di qualcheduno che, evidentemente, non era pienamente integrato con il sistema ed anche il parallelismo con ambienti della curia vaticana che, si presumerebbero estranei a questo tipo di "parentela" e che, invece, avrebbero commissionato azioni mirate alla malavita, per strategie politiche e di potere, affrono uno spaccato istantaneo e subito occultato, del "coatto generone" romano, non protagonista ma strumento di eminenti e rispettati committenti. Fatta salva la esclusiva responsabilità individuale nei fatti, la vicinanza ambientale stride con l'ipocrita retorica dello sport e con i suoi inesistenti ancorché presunti valori.

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