mercoledì 3 dicembre 2014

La capitale de no' antri.

Il polverone che si è subito levato dopo l'incriminazione di una delle tante composizioni-ricomposizioni del generone romano è il più consono alsacrificio effettivo delle figure minori, alla diluizione dei tempi, all'artefazione delle prove trasversali fra tutti coloro che mangiano sugli appalti che, per conto del popolo e li spartiscono fra gli amici, secondo una gerarchia pecuniaria e di "prestigio". Tutta la società romana vive - e casomai prospera - o sopravvive di una partecipazione "coatta", servile, agli affari che la politica e l'amministrazione burocratica dello Stato può apportare, anche all'ultimo aggregato, autista o guardaspalle che sia. Il fascismo romano è popolare, come la sinistra della subura, tutti diversi dai terrazzi letterari, artistici, prelatizi e affaristici - che compendiano tutti i precedenti - e si alimenta di ripartizioni, alle quali concorrono orde ridanciane e caciarone di aspiranti. Ciascuno compete e si associa per competere, adducendo tutte le nequizie, vere e immaginifiche di coloro che vuole scalzare per "rubare un po' anche lui"; gli altri non devono esagerare. Questa è l'etica plebea del rappresentati e dei rappresentanti e nessuno se ne scandalizza se non nei termini di una sua "ingiusta" esclusione. Se questa Capitale è una capitale europea, mi deve essere sfuggito qualcosa e ben fa la Germania neo guglielmina a non farsi trascinare in un'Europa becera e da mantenere di sana pianta. Se costretta, sarebbe lei ad uscirne, ricavandone indubbiamente dei danni, ma non tali da non riemergene in breve tempo. Non si può coltivare nessuna fiducia riguardo ad una catarsi giudiziaria dell'endemica corruzione romana, perché è l'unica fonte di reddito, a scalare, per un numero di persone che non so quantificare, ma certamente dell'ordine delle centinania di migliaia se non dei milioni, da percentualizzare sui 3,5 cha la abitano e fra i 10 che, dall'alba al tramonto, la popolano. Cercherò di trar spunto da questa cronaca, anche attraverso il confronto con gli amici romani, compagni, tante volte, di tavolate e ciniche risate su quest'Italia de no' antri.

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