giovedì 4 dicembre 2014

Riflessi pavloviani.

Continuo a chiedermi che senso abbia uno sciopero generale successivo all'approvazione definitiva del provvedimento che si vuole, con lo sciopero, contestare. Contestare, sì, ma non contrastare. Quindi uno sciopero anti-renziano, propugnatore di un altro presidente del consiglio, meno tetragono a contrattare e cogestire con la trimurti ( la CISL si accoderebbe )la rottamazione del lavoro dipendente. Disposto, quindi, solo a fingere insieme a loro. D'accordo, in linea di principio, con la tardiva decisione della Camusso, non sono affatto convinto della concretezza e dei tempi scelti per questa importante, ma questa volta dilapidata, iniziativa politica. Una credibile mobilitazione contro il job's act doveva precederne l'approvazione e doveva accompagnarne tutto il pur rapido percorso parlamentare, dato che, preliminarmente, il capo del governo si era rifiutato di discuterlo. Domani o dopo domani il provvedimento sarà ratificato dal Presidente della Repubblica di Pilato e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Anche il 5 Dicembre, prima data prescelta dalla sola CGIL, sarebbe stato troppo tardi; il 12, con la UIL e la UGL, avrà caratteri di testimonianza, senza forza né potere. Una specie di: "perché non mi ami più?", profferito da tre antiche ragazze nubili. Il tentativo di codeterminare in Europa per interposto governicchio sconta un'impotenza ed una ricerca della triangolazione politica che si è trascinata per vent'anni, durante la vigenza dei governi di centro-sinistra, con effetti disastrosi, mentre l'opposizione ai governi di destra ha comportato la sterilità della loro azione. Ora il combinato disposto della pseudo sinistra democristiana al governo con l'esegesi contabile dei ragionieri di Bruxelles, rendono impraticabile il tentativo e consentono solo la recita per un pubblico sempre più assente. Con tutto questo, i problemi rimangono tali e quali, ma la CGIL stessa, priva del suo riferimento comunista, sembra inetta ad interpretarli; CISL e UIL offrono un passivo appeasement ai vincitori, quali che siano. Il movimento sindacale, privo di riferimenti stabili ricomincia, solo nel profondo nord, dai sindacati di base che, quanto ad impotenza, sono pari ai sindacati "storici" ma fuori dalla storia. Alimentano però, in forme modulari, quei fermenti che sopravvivono sotto la crosta dell'attualità, ossia i sentimenti dei resistenti, fuoco che cova sotto la cenere della dicotomia storica italiana fra conservatori, involventisi in fascisti e rivoluzionari in cammino. L'utopia rinasce dalle sue ceneri, ma, per fortuna, può condizionare la realtà.

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