venerdì 26 dicembre 2014

Metamorfosi.

Non c'è che dire, l'Italia sta cambiando. Mentre il Natale, per la prima volta da molti anni, si è svolto all'interno delle mura domestiche, contestualmente si provvedeva alla vigilia a precarizzare "ad aeternum" la vendita della merce lavoro. Un "aeternum" provvisorio di qulche decennio, perchè, come in tutte le cose, quando l'abuso sarà stato consumato, ci sarà la reazione degli altri, di coloro, cioè, che l'abuso non lo avranno subito, ma che si faranno forza di una lunga (ri)elaborazione culturale sul fenomeno, ormai in atto. Dopo le "sommosse" degli anni '70, a cavallo dello Statuto dei diritti dei lavoratori, la condizione, soprattutto civile, di chi lavorava migliorò sensibilmente: qualcuno se ne approfittò, ma non si trattò di una percentuale tale da "rovinare l'Italia", come veniva detto da taluni. Comunque, "in pace et amore dei" non si ottiene nulla. Ora che si sta bypassando, molto di più che abrogando e modificando, tutta la legislazione, a cominciare da quella costituzionale, che fece da cornice, collante e basamento all'evoluzione asimmetrica ma condivisa della società nazionale, si prospettano scenari, fra il glorioso e il terrorizzante, che richiederanno molti milioni di morti, generazione dopo generazione. Saranno caduti, in corso d'opera, sul lavoro e, specularmente, caduti sul campo di battaglia. Solo le raccomandazioni, in Italia, salveranno qualcuno dall'orizzontale "destino". Quanto sta accadendo a qualche malcapitato, attraverso chiusure, delocalizzazioni e "razionalizzazioni", che li portano ad attendere, inoccupati, una pensione lontana e ancor più immiserita, mentre, all'origine, si erano precipitati da soli alla porta sull'onda degli "esodi" accompagnati, accadrà sistematicamente a tutti i nuovi chiamati "just in time", secondo l'obiettivo di far produrre solo quanto è già stato venduto, attraverso una "gestione delle scorte", soprattutto di lavoro. Nel frattempo, lo Stato che si è alleggerito della sua componente sociale - sempre salvo intrugli di favore, come all'ILVA di Taranto, dove si accollerà gli oneri per restituire i profitti ai privati, selezionati fra i "loro" amici - può puntare, con sicumera, al suo ruolo di valletto nelle coalizioni militari internazionali. Speculatori di ogni risma, all'interno delle multinazionali indigene, nei magmatici e non rappresentativi movimenti politici, negli alti comandi militari, si stanno apprestando all'abbuffata. Le "nuove" forze armate, politicamente affidate ad una donna in nome della parità di genere, che altro non è che una nuova forma di spartizione clientelare, che ha assunto la femminilità a criterio di assegnazione, a prescindere, stanno per dotarsi di nuove armi micidiali ed offensive, in spregio ulteriore del dettato costituzionale. Cinque mliardi di euro, un bilancio intonso rispetto a quasi tutti gli altri, a cominciare da sanità ed istruzione, per dotarsi di cacciabombardieri, elicotteri da combattimento, portaerei, corvette e brigantini. Tutto questo andrà adeguatamente mantenuto. Per adesso, accontentiamoci della maxitangente sulle forniture di base. I generali, quasi a secco per generazioni nell'Italia post-bellica, potranno ostentare le mostrine che hanno sostituito le medaglie, sui ventri obesi che fanno tutt'uno con il petto; sarà cura dei tangentari inserire nelle commesse un aereo da trasporto dedicato, per la ministra Pinotti, quando rientra a casa. Il boom economico dell'Italia e del Giappone nel dopo guerra, fu dovuto al loro stato di potenze sconfitte al termine della seconda guerra mondiale, in funzione del quale non furono gravate dalle parassitarie spese per il mantenimento e l'incremento di armamenti da parte di chi aveva prevalso. Furono evitate - e si poterono destinare le imponenti risorse risparmiate all'apprestamento delle necessarie infrastrutture - molte crisi, soprattutto sociali, che intervennero invece all'interno del mondo dei "vincitori". Mentre la società decade repentinamente, le armi prosperano di nuovo. La Oto Melara, nonostante sia un'azienda metalmeccanica, ma non di uso civile, non accusa rallentamenti di produzione, né cassa integrazione, come le altre industrie belliche internazionali con le quali ci scambiamo i prodotti, secondo comunanza d'interessi e, quindi, d'alleanza.

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