lunedì 22 dicembre 2014

Inabili e soli.

La confusione mentale della tarda vecchiaia riporta le destrutturate espressività mnemoniche verso il caos originario, ma, nel farlo, invoca un'inascoltata indicazione di autonomia, di rispetto per la propria individualità, che il morbo della vecchiaia ha costretto nelle mani di estranei. Sulla soglia della morte si viene respinti ed emarginati nell'alveo vuoto di un'assistenza condizionatrice, a sua volta, deterministica. La stessa soggezione e la stessa "educazione" ad assoggettarvisi, obtorto collo, di un bambino, senza la prospettiva di affrancarsene un giorno: adattarsi alle regole assistenziali, utili all'assistente e poi finire. I sensi si spengono progressivamente e, mentre si affievoliscono, ci si ostina a domandare, a sollecitare spiegazioni di cose intraviste, ricavandone solo atteggiamenti sfuggenti. La solitudine sensoriale provoca spavento: se la vista si mantiena offuscata, appena il contatto visivo, l'ultimo, prima di quello tattile, viene meno, si teme di essere stati lasciati soli con la propria avvertita debolezza. Nella casa dei muti, la sordità comporta l'accantonamento. Nessuno si sforza di sopportare la fatica di una conversazione monca, equivocata, guidata, modulata sull'invalidità. Si preferisce la banalità interlocutoria quotidiana, intrisa di recite, di reticenze e di bugie. La sensibilità offesa coglie sensazioni opache, suoni deformi e si dispera di non poterne recuperare la bellezza.

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