martedì 2 dicembre 2014

Il mutismo della morte.

La vicenda del bambino siciliano, ucciso e scaricato come un rifiuto, non la seguo nei morbosi dettagli e nei tecnicismi polizieschi. Credo che per trarre il succo da questi frequenti accadimenti, sia necessario estraniarsi dalla vulgata mediatica, dai falsi sentimenti, che, ancorché fossero veri, non servirebbero a niente. A due giorni dal rinvenimento, preceduto dalla denuncia della scomparsa, non è stata raccolta una testimonianza, una sensazione, un ricordo articolato su quel piccolo che passava molto del suo tempo libero in strada e nelle campagne circostanti il suo paese, traendone un ingannevole senso di libertà e di appagamento. In questo, si confondeva fra ingenuo istinto vitalistico e ambiente, naturalistico, ma soprattutto sociale, perché questa piccola società non può estraniarsi ora dalla disamina dei fatti, delle ipotesi e delle possibilità e rifugiarsi dietro i luoghi comuni del "comune sentire", ben diverso dalle interiorità individuali, pur recitanti un "solidale" copione. Solidale anche nell'indifferenza e nell'omertà, certamente cominciata ben prima dell'omicidio del piccolo e complice e favoreggiatrice del medesimo, laddove e allorquando "un altro" cade vittima di una predatoria o sacrificale violenza. La verità nascosta è che gli uomini e le donne non sono come vogliono apparire ed anzi si nascondono dietro le convenzioni, i convenevoli, la "buona educazione", al riparo della quale tessono trame egoistiche ed elaborano pretesti morali. Sempre dalla parte dei bottoni, anche di fronte alla morte. Se di questo episodio non si venisse a capo, quanti condividerebbero con l'assassino il mutismo "necessario" a non infrangere la "reputazione condivisa", nella rimozione di un fatto che disturba ma non sconvolge e che, perché non sconvolga, è "bene" che sia gettato con il corpicino, come un rifiuto?

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