lunedì 22 dicembre 2014

Lacrime di coccodrillo.

Continuano ad essere lacrimosamente commemorati gli ex calciatori morti di SLA, dopo essere stati in forza a diverse società di serie A, ma tutti nello stesso periodo anagrafico e temporale, secondo un processo d'incubazione che è per tutti uniforme. Alla memoria, tutti li celebrano, umanamente e professionalmente. Prove della loro morte non casuale non ce ne sono, perché non le si cercano, ma le coincidenze patologiche sono troppo uniformi per essere casuali. Insieme agli anabolizzanti che hanno trasformato dei mingherlini in colossi - come opportunamente denunciò Zeman, un allenatore talentuoso quanto poco "vincente" -, una miscela di farmaci sintetici ha condannato all'invalidità e all'agonia un manipolo di giocatori, molti dei quali, fra l'altro, sono rimasti delle promesse mancate. Certamente la "cura" è stata praticata da medici sportivi al soldo delle società per anni e anni e molti sono i potenziali candidati ad una fine precoce e dolorosa. Eppure le denunce si perdono nel baillamme delle chiacchiere, delle sdegnate smentite ad onta di ogni evidenza. Gli stessi sacrificati recano un sorriso stolido, complice, rassegnato e non denunciano, non rivelano, forse non sono in grado di comprendere. Le inchieste del Procuratore di Torino Guariniello, non sono approdate, in ambito sportivo, a risultanze certe, perché è un ambiente - come asserì il Commissario straordinario a Calciopoli, ex Procuratore generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli, omertoso come quello mafioso e nel quale ci si tiene la parte per interesse e colleganza e, venuti meno i Medesimi, per paura o complicità. La collusione familiare di diversi calciatori con la malavita, documentata da recenti e meno recenti inchieste, sta lì a dimostrarlo. L'assoluzione della ex fidanzata di un calciatore bolognese di Lega Pro, militante nel Cosenza, senza che neanche il camionista che lo schiacciò senza alterarne lo stato del vestiario, sia stato processato, in presenza di un mai approfondito traffico di stupefacenti che li vedeva coinvolti insieme a parenti e altri personaggi solidali con loro o da cui dipendevano e che ha finito per infangare solo la memoria dell'ucciso, parlano alla coscienza di chi non è "tifoso", di un ambiente malmentoso, violento ed ignorante, al quale le non accertate acquisizioni societarie, il mondo parallelo delle scommesse internazionali, l'affiliazione dei calciatori a questo o a quel direttore sportivo, che lucra in percentuale sui loro ingaggi, non fanno che alimentare quell'economia purtroppo legale ma fangosa, della quale tanti, troppi "faziosi" si sfegatano ad alimentare le "glorie fastose".

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti