domenica 3 novembre 2013

Sintomi unitari.

Le faide primordiali, trasformatesi in moderni regolamenti di conti, fra mafiosi si sono già manifestati in Lombardia, in tristi paesini dell'hinterland milanese e brianzolo, nei quali, da anni, viene denunciato un radicamento della n'drangheta, che vi ha esportato i suoi metodi, che ha assunto il controllo di molte imprese commerciali, che esercita l'approvvigionamento e lo spaccio della droga in quelle zone, ricche e nebbiose, Le istituzioni cittadine o paesane, di fronte ad una smaccata evidenza, al commissariamento del primo comune del nord per infiltrazioni mafiose, alla prova certificata del voto di scambio con esponenti della malavita, come al sud, si stracciano le vesti e se la prendono con chi le denuncia all'opinione pubblica, rivendicando ipocritamente la loro purezza incontaminata. Regioni povere, quelle di provenienza dei mafiosi, regioni ricche quelle di approdo. Insieme al malaffare criminale e alla sua violenza, hanno esportato purtroppo una mentalità, che si riteneva fosse aliena, prima di cimentarsi con una realtà esogena, metastatizzatsi con impressionante facilità, nel tessuto economico e politico di quelle zone, abituate per l'innanzi a più prosaiche, casomai meschine, ma non sanguinose diatribe. Nella negazione di un'evidenza nota agli indigeni e ormai sotto gli occhi di tutti, c'è, non solo omertà, ma connivenza a diversi livelli. Il collante è la finanza in senso lato, sia in forma di finanziamento alle imprese, prosciugatosi bancariamente negli ultimi otto anni, sia nella forma dell'acquisizione di beni e di partecipazione ad imprese locali, che hanno fatto della malavita d'importazione "una di famiglia". Così, realisticamente, possiamo celebrare il centocinquantenario anniversario della costruenda unità d'Italia.

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