venerdì 15 novembre 2013

Destini eterni e..progressivi?

Continuano le delocalizzazioni di stabilimenti italiani, prima acquistati, inglobati e ristrutturati, da parte di aziende straniere. Anche alcune filiali, impiantate da decenni in Italia, sono soggette alle stesse dinamiche. L'ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda la svedese Electrolux, che da cinquant'anni nel nostro Paese, non si era mai sognata di cercare soluzioni produttive a minor costo in giro per il mondo. Ma adesso, la povertà crecente nell'Europa minore e la povertà endemica dei nuovi soggetti produttivi, consentono la creazione di prodotti che, seppur molto più limitati nella durata dei precedenti, possono continuare ad alimentare i consumi e mantenere costante l'utile dei proprietari. I disoccupati di mezza età esordiscono sui marciapiedi e chiedono l'elemosina. E' il secondo in pochi giorni che vedo, insieme agli accattoni di professione che stanno aumentando come le luci natalizie in Centro. L'aspetto, la postura, ne rivelano la recente caduta nella miseria. Non fanno più cronaca, ma continuano, i suicidi degli imprenditori falliti e dei lavoratori anziani licenziati. La sostenibilità previdenziale è compromessa. L'unica possibilità è di continuare a lavorare. I giovani, prima di invecchiare, esperiscano le loro possibilità all'estero e abbandonino l'idea di ripetere l'excursus dei genitori in patria, sempre che le loro famiglie non siano in grado di puntellarli, in termini di lavoro e di carriera. Con questi chiari di luna le due facoltà vanno, purtroppo, a braccetto, a limitare le possibilità di mantenere partecipata una pur clientelare società. La strage delle morti e degli infortuni sul lavoro di maestranze che, se non si eliminano da sole, si provvede progeressivamente e sistematicamente ad espellere, rimarca inequivocabilmente il profilo del lavoro nelle economie di puro profitto. Così è ridotta la democrazia sostanziale nell'Europa che è voluta passare dai principi nobilissimi alla forzatura della sottomissione di economie diverse e, fra di loro, diversamente competitive, a una moneta unica, indeclinabili nei termini reali delle difformi realtà e condizionate pesantemente nelle loro prospettive, a meno che non siano consegnate all'emarginazione e all'indigenza ampie fasce della popolazione che compongono le società dei singoli Paesi. Questo è il frutto attuale dei settanta milioni di morti del secolo scorso, millantati come martiri di un rinascimento economico e civile che l'esperienza non ha mai conosciuto. E continuano a recitare ancora la stessa litania.

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