domenica 3 novembre 2013

Omicidi e spionaggio a distanza, globali.

L'amministrazione democratica statunitense non promuove guerre e questo, per chi è destinatario dei bombardamenti a tappeto che contemplano tutte le iniziative imperialistiche degli USA nel mondo strategicamente interessante, è comunque un bene, ma il suo Presidente, premio Nobel per la pace, non si astiene certo dalla guerra non convenzionale e dagli omicidi mirati. Che la CIA abbia licenza di uccidere è dimostrato dai fatti, che il Presidente nord americano approvi o disapprovi la lista delle potenziali vittime dell'intelligence, su elenchi periodicamente sottoposti alla sua attenzione, è notizia di un anno fa. Un drone, un areo senza pilota, ma armato, condotto via computer da una base sul territorio statunitense, ha ucciso il capo dei talebani pakistani, all'interno quindi di un Paese fortemente contraddittorio, ma alleato, con un missile sparato da un aereo silenzioso e anonimo, un giorno prima che costui iniziasse, da capo delegazione, una trattativa di armistizio, se non di pace, con le autorità legali del suo Paese. Fuori dell'ufficialità, i movimenti islamisti sono molto forti e politicamente influenti in un Paese che ha per capitale la Citta dell'Islam, anche se decenni di alleanza strategica con gli Stati Uniti, da parte di famiglie e di oligarchie militari in reciproco conflitto, non abbiano fatto altro che sovrapporre strutture aliene alla mentalità e al costume della popolazione e delle autocrazie stesse, se è vero che Osama Bin Laden si nascondeva nei pressi di una base militare. La facoltà di intervenire senza accordi ufficiali sul territorio alleato, gli Stati Uniti se la sono auto arrogata e la praticano con la stessa indifferenza con cui sganciarono due bombe atomiche sul Giappone e con la quale radono sistematicamente al suolo tutte le strutture civili dei Paesi contro i quali confliggono. Fecero così anche In italia durante la campagna contro i nazi-fascisti. Fanno quel che fanno in assoluta serenità circa le conseguenze penali dei loro atti, dato che, basandosi sul privilegio della forza, non riconoscono altra giurisdizione che la loro, che al massimo punisce i discostamenti dalle disposizioni ricevute, nell'ambito dei gesti criminali compiuti. Come intervengono discrezionalmente dove ritengano che sia utile per loro e sia reso contingentemente possibile dalle circostanze, quindi, con rapida e proterva azione, così spiano, soprattutto gli alleati, timorosi - dato che "ognuno dal cuor suo, l'altrui misura" - che siano autonomi nelle loro strategie e quindi potenzialmente in contrasto con gli interessi statunitensi, favoriscono le diatribe interne agli Stati e si costituiscono un amplissimo materiale ricattatorio nei confronti dei succubi alleati. Sono poi di una liberalità adamantina, quando qualcuno li sbugiarda, a mezzo rete, in tutto il mondo e, se non riescono ad eliminarli fisicamente, li condannano a delle pene assurde, con le accuse più retoricamente infamanti. Il tempo della leadership americana sul mondo occidentale segna un momento significativo di crisi, al quale l'orizzontalità della rete e delle diffuse competenze di accedervi, stanno infliggendo un colpo significativo. Gli Stati più colpiti e più attrezzati in queste contingenze post Guerra fredda sembrano intenzionati a reagire, sia non prestando più truppe al piantonamento delle aree di crisi ( Italia esclusa ), sia non aderendo agli accordi commerciali dei quali gli statunitensi sono i più bisognosi fruitori. Era ora. Si apre adesso il gioco intrecciato e globale delle doppiezze diplomatiche e spionistiche, fra e all'interno delle potenze in conflitto d'interessi. Ovviamente, noi siamo come quell'avvocato Azzecagarbugli, che annuiva a destra e ammiccava a mancina.

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