mercoledì 13 novembre 2013

Il tempo che non passa.

E' incredibile. Sono passati vent'anni dal 31 Maggio del 1993, quando la F.A.B.I. nazionale, nel silenzio di tutte le altre sigle sindacali, promosse ed effettuò una pubblica manifestazione contro il Credem, sulla soglia della Direzione Generale di Reggio Emilia. Seguì anche una occupazione dei locali al pian terreno, durante la quale, fra un via vai di body guard, i sindacalisti, provenienti dal nord e dal centro Italia, si intrattennero con i dipendenti che erano presenti. La partecipazione allo sciopero, all'interno del Credem, non superò la sessantina di adesioni. La stampa locale ne diede una adeguata cronaca, sintetizzando il testo di una interrogazione parlamentare nella quale si parlava di sopravvivenze di costumi ottocenteschi, in una provincia, tutt'intorno democratica, di abusi sistematici, di ignoranza della norme contrattuali della categoria, del mancato pagamento degli straordinari. Il Credem si chiuse in egocentrico mutismo: i suoi sindacati fecero altrettanto e questo costume omertoso e cortigiano si è poi esteso uniformemente a tutte le maestranze, in un crogiolo conformistico che isolava, escludeva e sanzionava chiunque non vi si uniformasse, concorrendo a curare che anche le prepotenze e le forzature interpretative o creative, non venissero partecipate e commentate e, tanto meno, fatte oggetto di denuncia e contrapposizione sindacale. Ma anche i più pedissequi esecutori degli indirizzi protocollari, arcani e familistici del Credem, sapevano, in cuor loro, per il confronto con i colleghi di altri Istituti, di percorre una strada senza uscita, lungo la quale tutto era dovuto e nulla era garantito e quindi riconosciuto. Sono passati vent'anni e nulla è cambiato al Credem, dal Consiglio di amministrazione al riduzionismo contrattuale e normativo, nel criptico silenzio dei sindacati confederali, di destra e di sinistra, che non hanno mai potuto e voluto entrare in conflitto con un'entità industriale e finanziaria che nell'ambito del reggiano e della media pianura rappresentava e rappresenta un volano occupazionale e, quindi, obtorto collo, politico. Il contributo economico della famiglia Maramotti ad importanti realizzazioni che, da sola, la mano pubblica non avrebbe riservato alla ricca, ma piccola provincia, è stato miratamente significativo, appoggiandosi, sul versante politico, al reggiano Romano Prodi, se non in via esclusiva, prevalente. Così, nel cuore della Regione "scandinava", riguardo ai servizi prestati e ai diritti amministrativi e civili, si conservava una nicchia "storica" di reddittuari rigenerati. Oggi, che il calderone inclina al peggio, è auspicabile che i lavoratori della padronale galassia creditizia, come quelli della costumistica Casa madre, nella misura che la pressione aziendale, il coraggio e la coscienza civile e professionale, in antitesi, riusciranno a produrre, in 60 o in 500 ( ma speriamo di più ) partecipino ad una battaglia sindacale...a prescindere dai sindacalisti, utile e necessaria. Le uniche battaglie giuste sono quelle che coinvolgono la nostra coscienza individuale e trovano coincidenza, non totalizzante, ma solidale esulando sia dai termini di un blocco antagonista, sia da quelli di uno sdrucciolevole collateralismo. Anche a prescindere dalle dichiarate intenzioni dell'autonoma F.A.B.I. In una fase particolare, ancora assente di diritti, anche il numero ha un valore relativo. Piuttosto si tuteli chi esercita un suo diritto, da interferenze "de visu" e telefoniche e dalle ricadute vessatorie che si prevedono ma non si trova ancora la forza di dichiarare apertamente.

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