venerdì 15 novembre 2013

Perché no?

L'affidamento di una bambina ad una coppia omosessuale anziana ha suscitato - era scontato - una grandinata di reazioni di principio e, sul piano tattico, si succederanno tutti i sofismi. giuridici e non, per recuperare la bimba alla sua impraticabile famiglia o, quasi certamente, ad un istituto, nel quale potrà crescere fra abusi fisici e morali, senza contare quelli che ha già subito e quello che produrrebbe il burocratico distacco dalla coppia con la quale ha da tempo un rapporto sereno e tranquillo. Quello che spaventa i moralisti è che l'esperimento possa avere successo e contraddire il pregiudizio senza sottoporlo alla prova. Come se nelle famiglie eterosessuali il clima fosse quello delle favole e le possibilità di sentirsi un escluso, di essere picchiato o di essere moralmente condizionato in senso ipocrita e conformistico, non fosse il pane quotidiano di tanti bambini. Ci si prepara già a catechizzare l'esperienza e ad isolare la bambina se la contraddizione dei pregiudizi dovesse produrre in lei una natura tranquilla e senza complessi. I complessi culturali, invece, devono rimanere e culturalmente vanno preservati con anticorpi, non tanto morali o sessuologici, quanto ambientali e uniformanti. Almeno sul piano dell'ufficialità. E' meglio forse un'istitutrice, per chi se la può permettere o una cura sporadica e nervosa, difficile e affannosa per chi non può contare neppure sui genitori? E' meglio una cura solida, anche sul piano economico, o una gestione svelta, superficiale, una educazione protratta nel tempo o una veloce infarinatura nel leggere e nello scrivere, da parte di una ragazza madre? Ma, considerando la natura vera, così difforme dai principi e il clima che si vive in tante coppie eterosessuali, perché non esperire qualche possibilità di maggior agio, materiale e psicologico, in un ambito nel quale, la natura del rapporto fra chi compone la coppia non deve essere significata al minore prima che la sua evoluzione e l'esperienza interiorizzata, che si deve vigilare affinché sia positiva, non gli consentano di interrogarsi per valutarla. Così avviene per ogni esperienza adolescenziale senza che qualcuno, anzi molti, si peritino di ricordargliela e di illustrargliela, da subito, nei termini più semplicistici che la cultura familiare media, quella su cui si dovrebbe sostenere la società, è in grado di produrre, con lo scopo di cominciare a caratterizzare la contesa competitiva su presupposti astratti e predefiniti. La falsariga del comportamento da adulti. Si proseguirà a giudicare, infatti, non sulla base di un libero convincimento, ma di un non analizzato pregiudizio, che non influenza per nulla, in molti, i comportamenti privati. La sentenza della Corte di Bologna non ha tenuto conto solo di questo.

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