venerdì 1 novembre 2013

Astrazioni imprenditoriali.

L'imprenditore, diventando globale, è diventato, a quanto pare, anche astratto. Non si identifica più con il capitalista, che se ne sta acquattato da qualche parte, lui o i suoi capitali, e neppure con il CEO - Amministratore delegato, o altra figura di fiducia. Così si dice, ma sopravvivono invece, a macchia di leopardo, le più varie versioni di padronalità, mentre si discetta, davanti ad un tradizionale piatto fumante di pasta, di orizzonti economici ecumenici. Le mani adunche dei possidenti si stringono, meschine e subdole, sul peculio, i galoppini galoppano e, intanto, l'imprenditore è diventato imprendibile, astratto appunto. Se già prima, il capitalista si poteva far sostituire, da località amene, da un incaricato strapagato all'uopo, pare che ora anche costui possa essere surrogato da una tecnocrazia o più modestamente tecnorganizzazione, composta da una coorte, la più ristretta possibile, dei sopracitati galoppini, uniformi, non solo nel passo, ma anche nella indefettibile professione di fede, che viene consolidata e rafforzata da continue ripetizioni riaffermatorie. La tecnorganizzazione è mobile, non solo all'interno delle mura amiche, ma anche fra mura e mura, in un'osmosi altrettanto incessante di portafogli e carriere, meglio, di prebende. La tecnostruttura si divide, quindi, fra prestatori d'opera e portatori di altrui denari, addetti, per così dire alla raccolta e al trasporto, con il quale trattano privatamente, per sé. Quest'ultimo è il modello bancario e finanziario, in questi tempi nei quali l'industria non è più sostenuta, se ne asseconda invece la morte. L'imprenditore astratto, che è il prodotto di quanto precede, sarebbe colui che, acquistando i beni che rivende da aziende strutturate tradizionalmente, in una gara al ribasso che ridimensionando tutte le voci di costo, abbatte immediatamente il valore economico del lavoro e supera di slancio contratti e minimi salariali, costruiti da generazioni di lavoratori, attraverso rivendicazioni. Così l'astratto "creatore di ricchezza" acquista a prezzi decrescenti i beni che sono oggetto di domanda e li rivende, dalle Seychelles, ad un prezzo superiore, realizzando per questa via il profitto. Che cosa di diverso facevano i proprietari terrieri, casomai restando in vista dei loro fondi, che altro fanno gli investitori, proprietari dei capitali che pretendono di gonfiarsi nell'impresa, imbufaliti e razzisti ( li ho sentiti io )alle annuali assemblee di bilancio? Non è che l'astrazione serva solo a nascondere l'anonimato sfruttatore?

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