sabato 29 agosto 2015

Vite senza senso.

Il bilancio, ancora parziale delle vacanze, annovera qualche morto in montagna e diverse centinaia al mare. L'imprudenza di scalare le montagne e di percorrere sentieri perigliosi, senza prevedere il cambiamento repentino del clima e della luce, porta alcuni alpinisti della domenica a lasciare sulle vette terrorizzanti, le proprie velleità di raccontare in giro, ad esempio, il superamento successivo delle sette vette. Io, quattro anni fa, ci sono riuscito, come non so, a costo di una tumefazione sanguigna delle estremità, che vi ha ristagnato per più di un anno e di un affanno che mi ha dimostrato, allora, l'eccezionale tenuta del mio apparato cardio-vascolare. Anch'io ho vissuto, improvvisamente, l'oscuramento diurno del panorama, una violenta e per fortuna breve pioggia grossa e la sferza del vento. Eravamo partiti come in una scena del pianeta delle scimmie, per poi disperderci e sgranarci lungo l'interminabiole percorso, il cui completamento, in corso d'opera, era la condizione di rivedere "il detestato genere umano", laggiù, da basso. Diversi anni fa, mi trovai invece su di un guscio di noce, al largo della costa in un mare in tempesta. Fino al porticciolo, laddove le acque sollevate dal vento si chetarono improvvisamente e mi fecero recuperare l'approdo, conferendomi subito, all'ingresso, una calma olimpica, una soddisfazione risarcitoria, in attesa dell'attracco consueto, mentre al di là della protezione delle rocce poste all'ingresso, il mare mugghiava minaccioso. Mi è andata bene e non lo rifarò. Credo. Immagino che le sensazioni che hanno vissuto i migranti, ignari degli imprevisti delle traversate, stipati come sardine e schiaffeggiati dagli spruzzi, ora sferzanti, ora contundenti delle acque non siano state inizialmente diverse: la paura monta, la sproporzione delle forze la ingigantisce e solo il fragile diaframma dell'imbarcazione - nel mio caso veramente piccola - ti conferisce la speranza di potercela fare. Poi, l'esperienza che non ho fatto: il ribaltamento, la lotta irrazionale e la morte. Perché assimilare la traversata dei disperati a una vacanza con le sue appendici luttuose? Perché tutto si è svolto fra natanti da diporto, barche a vela con pernottamento in cuccetta per turisti, a poca distanza da spiagge affollate. La mattanza profumatamente pagata dalle vittime, potenziali ed in atto, proseguirà e si aggraverà nel mese di Settembre, fino agli ultimi sbarchi e agli ultimi naufragi dei primi di Ottobre, quando il flusso dei senza meta si arresterà e cominceranno le prenotazioni per la primavera, l'accantonamento per pagare gli scafisti, i contatti con le antenne di origine e quelle di arrivo perché offrano il loro lavoro in forme nascoste, trattandosi di "sans papier". Sono migliaia gli annegati nel Mediterraneo che si consumano nell'elemento liquido primordiale, in assenza di predatori in grado di spolparli prima che si decompongano. Migliaia, ma non migliaia di tragedie, come si va dicendo retoricamente: di queste genti non importa nulla a nessuno, sono casomai un probelma per le autorità dei Paesi di approdo, un problema non proprio e da non conoscere per le nazioni del centro e del nord europa, che si barricano contro di loro e li respingono "manu militari". Vite senza senso e senza futuro, necessariamente senza vita, fra le quali, nota dolente quella dei bambini che vanno incontro al loro precoce destino aggrappandosi ad adulti in cui ripongono un'infondata fiducia, di cui solo alla fine conosceranno l'inconsistenza.

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