lunedì 10 agosto 2015

La pace? Un sogno quieto.

A Ferguson si è celebrato l'anniversario dell'uccisione di un diciassettenne nero che non era uno stinco di santo, anzi era un rapinatore e un violento - grossolanamente violento, oppresso com'era da un'obesità diffusissima negli Stati Uniti, fin dall'infanzia - ma non meritevole per questo di morte, a colpi di pistola. A Indianapolis un altro ragazzo di colore è stato frettolosamente ucciso da un poiliziotto. Negli Stati schiavisti del sud, dove gli afroamericani sono appunto i discendenti degli schiavi, la mentalità razzista è ben sedimentata e, nell'ambito di quella società violenta, in parte primitiva ed armata, le esecuzioni mirate sono quotidiane. I neri, per parte loro, sfogano la rabbia, l'ignoranza e la marginalità, non in movimenti politici strutturati, ma in competizione violenta per l'appropriazione di quei beni-giocattolo che la pubblicità enfatizza come simboli delle persone di successo. A Istanbul continuano le ritorsioni belliche dei movimenti curdi contro il Governo di Erdogan che li perseguita e li bombarda - ma solo sul versante siriano, non essendo quello iracheno geostrategicamente importante per la Turchia - e contro l'ambiguo Governo statunitense che li arma, li utilizza e poi li lascia "contenere" dall'alleato prevalente, senza adoperarsi per l'assegnazione di un territorio e la creazione di uno Stato, come finge di fare con i Palestinesi. Intanto Israele fa lobbyng contro il Governo nord americano, bypassando il Presidente in carica e rifacendosi solo alla componente repubblicana del Senato e ad alcuni rappresentanti democratici filo-israeliani. Non si era mai vista un'azione così sfacciatamente invasiva all'interno del Paese egemone, da parte di una ormai scoperta lobby ebraica che mette tutto il suo potere d'influenza e la sua forza economica al servizio delle mire egemoniche ed espansionistiche dello Stato sionista. Obama ha fatto bene a dichiarare che il boicottaggio israeliano al trattato con Teheran aprirebbe la strada al conflitto in medio oriente: è cio che vogliono gli Israeliani ed è ciò a cui non può opporsi efficacemente, a casa sua, il Presidente di uno Stato altrimenti interventista ed irresponsabile in ogni scacchiere del mondo. Di questo passo, Obama rischia anche la ghirba, mentre Israele si dimostra sempre di più, per storico paradosso, uno Stato razzista, mentre l'ebraismo internazionale si divide fra i portatori di capitali e i nazionalisti a distanza e gran parte della stessa comunità israelita di New York, contraria alla politica dello Stato giudaico.

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