mercoledì 26 agosto 2015

Al Fato non si sfugge.

Fra qualche anno le difficoltà che si riscontrano nell'accoglienza dell'imponente massa dei migranti si trasformeranno in un problema culturale e di convivenza. E' scontato che a coloro che riusciranno a stabilirsi nei paesi che saranno riusciti a raggiungere toccherà la marginalità sociale e culturale. Sarà amaro il pane dell'esilio e origine di di "rivendicazioni" violente. La chiusura nei prorpi ghetti etnici, dentro i quali vigono gerarchie ignote ed ignorate dalle istituzioni ospiti, che si curano solo dell'ordine pubblico, saranno un rifugio rinunciatario. Un esilio apparentemente più comodo ed integrato riguarderà quelle persone che, provenendo dall'area Schengen, riterranno di cercare lavoro o la valorizzazione delle loro competenze sul suolo comunitario: si accorgeranno che la comunitarietà, dal punto di vista culturale è un inganno e soffriranno dell'indistinzione assimilatoria che viene riservata a chi non condivide la simbologia autoctona. La condizione dei raccoglitori di primizie nelle nostre campagne meridionali, a pochi chilometri dalle spiagge è uno dei tanti esempi proponibili. Ma anche nelle sterminate periferie dei grandi centri urbani, la perdita di socialità, l'alienazione e lo stordimento la faranno da protagonisti, accompagnando gli sradicati nel loro viaggio al termine della notte. Al Fato non si sfugge, se non peggiorando le cose, avrebbero detto gli antichi, prima che un profeta ebreo proponesse la speranza che la Chiesa ha istituzionalizzato, che, per potersi alimentare ha sempre bisogno della fatica e della disperazione.

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