martedì 18 agosto 2015

L'avarizia dei tempi.

Nel mondo liquido e forse polverizzato dalla moneta virtuale, le precedenti distinzioni politiche sono venute meno e il conflitto si esercita caoticamente fra interessi sparsi e tanto confusi che anche le lobby ed i fortini ambientali, stentano a non esserne influenzati. Quanto faceva l'aristocratico Leo Longanesi, rifiutandosi di lasciar paragonare il suo voto a quello di alcuni portuali di New York, cioè astenersi, è diventato per altri motivi, un fenomeno di massa, senza che per questo le istituzioni ed i loro occupanti se ne diano per inteso, a dimostrazione che il loro potere si regge, direttamente o indirettamente su influenze o designazioni esogene. In queste condizioni, la contesa per la sopravvievnza e quella per la primazia si trasferiscono, senza mediazioni, sul terreno privato, mentre le mediazioni residue sono compromissorie o sospette di prevalenza. E quale altra prevalenza potrebbero avere se non quella del potere più forte? L'opposizione diventa puramente culturale, fortemente ambigua, come la situazione. Per noi Italiani non è cambiato granchè: ambigui lo siamo da sempre, da quando, dopo l'unità d'Italia massonica i fratelli col grembiule si misero d'accordo con i fratelli, che allora era Principi, in abito talare: da allora il colpo al cerchio e quello alla botte sono stati lo stentato balletto di due realtà debolmente sinergizzatesi, alla ricerca di un protettore. Ma anche l'alleanza fra il trono e l'altare non serve più, tanto è vero che la Chiesa si è messa a battagliare su di un'utopistica Città di Dio, alla Tommaso Campanella, da edificarsi su un evangelico spirito di accoglienza a cui non corrisponderebbe col tempo neppure la gratitudine dei salvati. Da quando in qua la Chiesa predica il rispetto delle diverse identità? Da quando sul soglio di Pietro c'è Papa Francesco, che è un politico sopraffino e un gesuita di livello, che ha puntato tutto, durante il suo pontificato - così difforme da quello del suo immediato predecessore dimissionario -, sul regno d'utopia. Solo a livello d'annuncio, ovviamente. Nel contempo il mondo si è fatto orizzontalmente avaro: i costi e i ricavi sopra ogni altra considerazione, foss'anche la conservazione, il prolungamento della vita stessa. Si condanna così la maggior parte delle persone, nel mondo finanziariamente dominatore ( che non significa che i suoi componenti, indifferentemente, dominino alcunché )alla precarietà delle prospettive lavorative, educative e sanitarie: una vita breve e di merda, senza la possibilità di coltivare illusioni durante il suo percorso. Le guerre contro i poveri sono in corso, preventivamente, portate a domicilio, condotte a lungo attraverso i mercenari, verso esiti non scontati. Una piattaforma continentale si è opposta al dominio del neo imperiale occidente, la Russia ha ritrovato, insieme al suo orgoglio, l'autoreferenzialità e l'alterità verso la disgregazione sociale importata con il capitalismo in un pelago così grande, opponendosi all'omologazione subordinata che l'aveva sconvolta dopo la caduta del comunismo. Gli altri Paesi dell'ex Impero, soprattutto i più poveri, la Bulgaria, la Romania, hanno accettato di passare da una sudditanza all'altra, La Serbia si prepara a presentarsi al cospetto di chi l'ha bombardata per implorare un trattamento analogo; l'Ungheria si apparta sui confini delle sue rivendicazioni territoriali con i Rumeni, barricandosi contro gli emigranti, anche di passaggio. La Cina, altra piattaforma continentale, si oppone industrialmente al mondo produttivo europeo di cui ha già provocato lo sconquasso e all'invadenza finaziaria statunitense, detenendo la maggior parte del suo debito che ne fa, per paradosso, una delle più strenui paladine del dollaro. L'Italia finge, come al solito. Da sola non conterebbe nulla.

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